Cura malattie cardiovascolari, ‘Molise meglio di altre realtà’

Le malattie cardiovascolari, anche nel 2016, sono state la prima causa di morte per patologia nei paesi occidentali. Spicca per incidenza lo scompenso cardiaco: si stimano circa 1 milione di nuovi casi l’anno, un quarto dei quali di età inferiore ai 65 anni. Lo scompenso è la terza causa di ricovero ospedaliero e la prima di morte per malattia. Ogni anno sono circa 100.000 i decessi nel nostro Paese, circa 270 al giorno. Questi dati, purtroppo allarmanti, sono stati resi noti nel corso del convegno scientifico promosso dal Dipartimento di Malattie Cardiovascolari della Fondazione, diretto dal dottor Carlo Maria De Filippo. Il seminario, introdotto dal professor Calafiore, uno dei più autorevoli collaboratori del Centro molisano, ha offerto anche l’occasione per riflettere sulle nuove frontiere terapeutiche legate alle recenti scoperte scientifiche sui meccanismi dell’autofagia, un processo fondamentale di “pulizia cellulare”, che ha un ruolo importante in molte patologie. Il biologo giapponese Yoshinori Ohsumi è stato insignito nel 2016 del premio Nobel per la Medicina proprio per le sue scoperte sui questi meccanismi che potrebbero aprire la strada alla comprensione di alcuni processi cellulari fondamentali. Ad oggi è difficile prevedere quali potranno essere le applicazioni terapeutiche, ma di sicuro capire qual è il meccanismo che genera determinate malattie potrà aiutare ad individuare nuove cure. La Fondazione è parte attiva in diversi progetti di ricerca clinica con alcuni dei più importanti centri internazionali. Questi studi probabilmente solo tra qualche anno offriranno indicazioni concrete alla pratica clinica. C’è un altro settore che invece ha già una immediata applicazione: da qualche anno alla Fondazione è disponibile una nuova tecnica che riesce a migliorare le condizioni di pazienti con un’insufficienza cardiaca grave, riducendo numero e durata dei ricoveri ospedalieri con un effetto positivo sulla qualità di vita dei malati. Si chiama barostim o “attivazione del baroriflesso”: in pratica viene posizionato uno stimolatore elettrico sul barocettore carotideo che, una volta attivato, riporta in equilibrio l’attività neuronale in pazienti cardiopatici. Questa metodica è particolarmente efficace in presenza di ipertensione resistente ai farmaci, perché è in grado di sostituire le terapie tradizionali. Uno dei partner dello studio scientifico è l’Università di Pavia, rappresentata dal professor Vanoli che nel corso dei lavori, riferendosi alla Fondazione, ha affermato: “In questo Centro si fa ricerca di alto livello, ci sono possibilità quasi superiori ad altre realtà del Nord Italia. I risultati raggiunti sono molto incoraggianti, le condizioni di vita di circa 200 pazienti molisani sono notevolmente migliorate grazie a questa innovativa metodica. Alcuni non riuscivano a svolgere le normali funzioni vitali, oggi conducono una vita pressoché normale”.

(in foto i dottor Calafiore e De Filippo)

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