Caso Radu, lettera di Petraroia a moglie e figlia del bracciante morto nei campi

Dopo la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Larino nei confronti degli imputati per la morte di Gheorghe Radu, avvenuta in un campo agricolo nel 2008, il consigliere regionale Michele Petraroia scrive una lettera indirizzata alla moglie Maria e alla figlia Valentina e contro il fenomeno del caporalato. Anche per l’associazione ‘Giuseppe Tedeschi’ si tratta di una vicenda amara. “Il 29 luglio del 2008 – scrive Petraroia – Gheorghe era partito all’alba da Torremaggiore per raggiungere insieme ad altri braccianti stranieri le campagne di Nuova Cliternia a Campomarino nel Basso Molise, e cominciò a raccogliere e caricare casse di pomodoro. Verso le 12 accusò un malore e si accasciò al suolo, ma nessuno chiamò i soccorsi. Rimase buttato in un fosso agonizzante per alcune ore prima di spirare a 35 anni lasciando moglie e figlia. La paura di essere scoperti e rimpatriati degli altri clandestini ebbe la meglio sul senso di umanità verso quel compagno di lavoro, e né allora e né negli anni successivi si è avuta più traccia di loro. A distanza di 9 anni, il Tribunale di Larino assolve gli imputati con una sentenza di primo grado di cui presto conosceremo le motivazioni, lasciando tutti senza parole. Il fenomeno del caporalato è antichissimo così come lo sfruttamento indiscriminato dei poveri, degli umili e degli ultimi, italiani o stranieri che siano. Nessuno è alla ricerca di vendetta, ma di giustizia, per capire cosa è accaduto quel giorno e accertare se ci siano o meno delle responsabilità da perseguire ai sensi di legge. Sappiamo che per le operazioni di raccolta, ancora oggi partono gli automezzi dal Tavoliere delle Puglie per trasportare manodopera a basso costo nel Basso Molise in condizioni contrattuali simili se non peggio di quelle del 2008. Il Parlamento Italiano, le parti sociali e le istituzioni locali, hanno più volte affrontato la questione del caporalato, con normative stringenti rimaste per lo più sulla carta, che segnano la sconfitta perenne dei vinti sia da vivi che da morti. Le ragioni del profitto hanno trasformato gli uomini in ingranaggi di un sistema, in oggetti privi di anima e in ostaggi privi di diritti o senza identità, aspettative e famiglia. Leggeremo con attenzione le motivazioni della sentenza, ma in fondo al nostro cuore già sappiamo che i veri responsabili di questo gigantesco sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quelli che hanno le società quotate in borse, speculano sui mercati e dettano le condizioni all’agricoltura italiana, sarà difficile chiamarli a rendere conto, ma non per questo intendiamo arrenderci e rinunciare a lottare. Anzi a maggior ragione se vogliamo restituire giustizia a Gheorghe e alle tante vittime come lui, abbiamo il dovere di resistere e andare controcorrente per riaffermare che tutti gli uomini sono uguali e nessun uomo può permettersi di calpestare impunemente la dignità di un altro essere umano“. A fare eco a Petraroia l’associazione Tedeschi. “È difficile trovare le parole a commento della sentenza del Tribunale di LARINO sulla morte sul lavoro del giovane bracciante rumeno GHEORGHE RADU. Abbiamo seguito quella tristissima vicenda fin dalle prime ore di quel 29 luglio del 2008, sollecitando le istituzioni nazionali e regionali ad intervenire, e mettendoci alla ricerca dei suoi familiari. Abbiamo conosciuto la moglie e la figlia, Maria e Valentina, e sostenuto i loro passi per ottenere giustizia, conoscere la verità e rimettere in piedi la croce, più volte divelta, nel fosso delle campagne di Nuova Cliternia di Campomarino dove Gheorghe venne lasciato morire dalla paura di chi scelse di non chiamare i soccorsi per timore di essere rimpatriato. Come tutte le sentenze, anche questa va rispettata, e non appena conosceremo le motivazioni continueremo a sostenere Maria e Valentina, ma ciò che ci lascia amareggiati è che a distanza di 9 anni lo Stato non ha individuato alcun responsabile per quella tragica morte, e ci ferisce ancora di più che il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento di stranieri e di clandestini in agricoltura è ulteriormente cresciuto, come se la vicenda umana di Gheorghe Radu non avesse insegnato nulla a nessuno. Sconfitti, ma non vinti, continueremo nella nostra lotta contro le grandi ingiustizie che umiliano, gli ultimi, i poveri e gli oppressi, consapevoli di essere poco più di un soffio di vento contro un uragano, ma non per questo intendiamo arretrare o desistere“.

 

 

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