Street art nel segno di Di Zinno, i Misteri prendono forma sulle palazzine Iacp. FOTO

A Campobasso la riqualificazione urbana passa attraverso l’arte. Questo è il messaggio che l’Associazione Malatesta insieme al Comune hanno deciso di lanciare attraverso laboratori e street art. Il progetto si chiama “ImbrARTiamo” e nasce da una collaborazione tra l’Associazione Malatesta e il Comune di Campobasso ed ha lo scopo di riqualificare la zona urbana “Fontana Vecchia” con opere che possano ricordare Paolo Saverio Di Zinno e i suoi Ingegni. Difatti il Corpus Domini è la festa più sentita in città e la voglia di farla conoscere e di riscoprirla è forte tanto da dedicarvi intere facciate del quartiere, uno tra i più popolari del capoluogo. Per far tutto questo è stato indetto, nello scorso inverno, un bando per ragazzi under 30 che, per poter partecipare, hanno inviato un bozzetto con l’opera da poter realizzare. Dieci gli artisti partecipanti (nessun molisano), due i vincitori: Simone Carraro di Venezia e Luogocomune di Bologna, che dal 13 maggio inizieranno a dipingere i muri del palazzo IACP di Via Sant’Antonio Abate. I ragazzi dei Malatesta, conosciuti soprattutto per il progetto “Draw The Line” che si concentra sul quartiere San Giovanni e che quest’anno inizierà a fine agosto, hanno realizzato anche dei laboratori molto seguiti da ragazzi di varie età. Studio del luogo e decidere di riqualificare ed abbellire la pensilina autobus in pietra sita in quel quartiere è stato l’obiettivo del laboratorio “Carta, colla e colori” diretto da Alleg. “Dare un contributo alla città e alla sua tradizione è il nostro obiettivo. Lo facciamo portando qui artisti internazionali che riqualificano la nostra città ma che, con le loro opere, lasciano un messaggio. Queste opere sono patrimonio artistico della comunità”, hanno spiegato i Malatesta. “Quando decidiamo di dedicarci a dipingere un muro, pensiamo anche alla riqualificazione completa della zona adiacente, cerchiamo di renderla vivibile ripulendo la zona. Spesso ci tocca fare una vera azione di pulizia da immondizia, altre volte utilizziamo il decespugliatore per tagliare l’erba in eccesso e sistemiamo panchine e tavoli fatti dal riutilizzo dei pallet.” Oggi Andrea Ravo Mattoni, artista varesino, sta realizzando l’opera rivisitata del Giordano “San Michele” sulla facciata del palazzo IACP di C.da Macchie. Interamente in spray, l’opera è in onore all’undicesimo mistero dove S. Michele sconfigge gli angeli ribelli venuti dagli inferi della terra. Abbiamo incontrato l’artista:
Come nasce questa tua passione?
Io nasco nel mondo dei graffiti e successivamente mi sono avvicinato al classicismo grazie ai miei studi universitari. Unisco questi due mondi: la tecnica dei graffiti con quella della dell’arte classica. Li recupero e li riproduco in chiave contemporanea utilizzando la “tradizione della copia”.
Come scegli le opere da realizzare?
L’aspetto importante è la correlazione con il territorio. Cerco opere che abbiamo un senso ed una connessione. Ad esempio qui ho pensato a Luca Giordano, è napoletano e vicino alle tradizioni molisane. In più in linea con il progetto che si sta realizzando in questo quartiere. Ho dipinto in giro per l’Europa, in Belgio dipingo artista belgesi, in Francia quelli francesi, in Italia ho sempre l’imbarazzo della scelta per la sua ricchezza artistica.
Quali emozioni riesci a suscitare nelle persone che osservano le tue opere?
Il mio obiettivo è proprio quello di portare la popolazione a conoscere l’arte classica. Spesso ci si allontana dai musei perché si pensino siano noiosi. Riportare l’arte classica nelle città si riesce a coinvolgere la popolazione che ci vive. In questo modo si coinvolgono molte più persone che spesso non conoscono l’arte e magari la diffidano fino ad allora
Come riesci a coinvolgere le persone che vengono a vedere la tua opera?
Le lascio immergere nel dipinto. Gli propongo un viaggio immaginario chiedendo loro dove sia l’originale o la vita dell’artista. Io mi definisco un direttore d’orchestra di musica classica. Un direttore non dirige mai la sua opera ma quella degli altre. Cerco di dirigere il pubblico dell’opera così come la traduco, dal classico al contemporaneo”.

Manu.Car.

 

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