Commissioni di Performance e investimenti collettivi, in arrivo le linee guida dell’Esma

Nella selezione di un fondo, quando si decide di investire, c’è un fattore che è semplicemente decisivo: l’analisi dei costi per il potenziale investitore. In termini di struttura commissionale di uno strumento finanziario, entrano in gioco le performance fees, le cosiddette commissioni di performance, una voce di costo variabile e complessa per ogni risparmiatore, in quanto capaci di attivare e incentivare anche dinamiche di azzardo morale. Per questo l’ESMA, l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati, con la pubblicazione di un consultation paper, ha proposto di recente delle linee guida da seguire in campo di commissioni di performance: un documento fondamentale ora, invano atteso per anni ed oggi capace di dare una mappatura completa, fatta dalla stessa ESMA tra le varie autorità nazionali, per comprendere come vanno le cose negli Stati membri. Il primo aspetto a venir fuori è stato quello inerente alla totale mancanza di armonia tra i paesi UE, con la sola liceità delle commissioni di performance come unico aspetto omogeneo o quasi. In attesa, sempre da ESMA, delle linee guida definitive attese per il nuovo anno, sempre più necessarie a causa della distribuzione cross-border dei fondi UCITS. Solo in Italia ci sono infatti circa 1.000 miliardi di euro spesi in fondi aperti, 780 di questi invece sono di diritto estero. 300 ed oltre vengono gestiti, inoltre, da società italiane in fondi di diritto estero. Bankitalia ha imposto limiti stringenti per le commissioni di performance, allo scopo di disincentivare applicazioni improprie delle stesse, ma i limiti non sono stati rispettati dalla maggioranza degli investitori italiani: la ragione è da individuare nella prevalente presenta di strumenti di diretto estero, in particolare Lussemburgo ed Irlanda, dato che sono fondi molto commercializzati in Italia. E proprio qui, a differenza di Bankitalia, emergono le differenze consistenti che intercorrono tra l’Italia e i paesi di domicilio dei fondi: tutte relative alla frequenza minima di calcolo e alla cristallizzazione delle commissioni di performance, unite alla necessaria coerenza tra le varie tipologie di commissioni di performance e l’obiettivo di investimento del fondo. Quando poi le commissioni vengono caricate ogni tre mesi o mensilmente si crea un paradosso bello grosso: il risparmiatore paga commissioni di performance su gestioni anche negative se vengono considerati periodi di valutazione più congrui per l’orizzonte dell’investitore medio. ESMA allora, sulla scorta del documento dell’Organizzazione Internazionale delle Commissioni sui Valori Mobiliari, ha impostato dei principi cardine sulla scorta di cinque punti da rispettare per le buone pratiche in termini di spesa e commissioni degli investimenti collettivi: anzitutto i metodi di calcolo delle commissioni di performance, in second’ordine la coerenza tra le stesse commissioni con gli obiettivi, le strategie, la policy dell’investimento; la frequenza di cristallizzare e pagare le commissioni di performance, le circostanze ideali in cui dovrebbe essere corrisposta una commissione di performance e, infine, la pubblicazione e la comunicazione dei modelli di applicazione della commissione di performance. A titolo di esempio: viene indicato un indicatore di riferimento per misurare la performance del fondo ed il periodo valido di valutazione della stessa performance. Si tratta di linee guida per la tutela dell’investitore e per la riduzione del disallineamento di interessi tra risparmiatore e industria del risparmio, una misura di sinergia con la MiFID II.

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