Sicurezza, 9 pistole “pronte” per la Polizia Locale ma gli agenti girano disarmati. Di Giacomo: “Scriverò al Ministro”. Il sindacalista riceve lettera con minacce e proiettili

Il Comune ha acquistato in passato una decina di pistole calibro 9 da dare in dotazione alla Polizia Locale ma gli agenti continuano a girare disarmati. Un’assurdità per Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria, che già in passato aveva sollevato la questione e secondo il quale Campobasso è l’unico capoluogo di provincia in cui la Polizia Locale non è armata come le altre forze dell’ordine. “Dunque – afferma Di Giacomo, che questa mattina ha tenuto una conferenza stampa davanti alla Prefettura – non può esserci un problema legato alla spesa in quanto le pistole già ci sono. Bisognerà solo formare gli agenti. Ma si continua a temporeggiare. A parole sono tutti d’accordo, ho trovato parere favorevole anche nell’assessore competente, Cretella. Eppure non si sta facendo nulla per accelerare su questo fronte”.

Per il sindacalista la pistola in dotazione alla Polizia Locale è un punto cruciale. “Gli agenti hanno l’obbligo giuridico di intervenire nel caso in cui si riscontri una situazione di pericolo ai danni dei cittadini. Pensiamo a questo periodo in cui si stanno registrando numerosi furti. Come fa un agente a difendere innanzitutto se stesso se disarmato”. In attesa che l’ennesimo appello trovi risposte, Di Giacomo ha annunciato che scriverà una lettera al Ministro Lamorgese per farle presente la situazione e spingere affinchè Campobasso si adegui ad altre grandi città. E’ anche vero che gli episodi di criminalità nel capoluogo molisano non sono mediamente così alti e pericolosi per la collettività, come in altre realtà più grandi, da rendere indispensabile un simile provvedimento. La Polizia Locale qui svolge principalmente mansioni legate al traffico, al rispetto del Codice della Strada e delle ordinanze sindacali nel territorio comunale, mentre viene poco impiegata sia su buona parte del lato preventivo – pensiamo ai posti di blocco quasi inesistenti – sia sul lato giudiziario.

Continuano minacce a Di Giacomo, al sindacalista recapitata lettera con minacce e due proiettili.
“L’escalation di minacce al segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.) Aldo Di Giacomo che perdurano da molti mesi – tra le quali il pacco bomba fatto recapitare nella sua abitazione, lettere e mail dai toni chiaramente di intimidazione ed altro – ha raggiunto l’apice sicuramente più grave con l’arrivo a casa di Di Giacomo di una lettera contenente due proiettili di arma da fuoco e un messaggio di minacce dirette a lui e alla sua famiglia”. A renderlo noto il Sindacato di Polizia Penitenziaria. “Siamo di fronte ad un atto di pericolo imminente per la vita del nostro segretario e della sua famiglia che come tale richiede una risposta immediata ed adeguata, vale a dire all’altezza della gravità della minaccia. E’ evidente l’intimidazione rivolta al suo operato da segretario di uno dei Sindacati di Polizia Penitenziaria, che a differenza degli altri, da anni conduce una battaglia senza alcun tentennamento, senza lasciarsi intimidire o limitandosi al ricorso ai soliti comunicati di formalità, per denunciare che la criminalità organizzata – dai clan mafiosi, di ‘ndrangheta, camorra agli ultimi arrivati della mafia nigeriana – controlla gran parte delle nostre carceri e vede la “resa incondizionata” dello Stato. Di Giacomo, nell’anno appena concluso, ha realizzato un lunghissimo tour attraverso i principali istituti penitenziari del Paese, soprattutto ha evidenziato la gravissima situazione dell’istituto di Poggioreale, sit-in e conferenze stampa davanti le carceri, nelle piazze, a Roma davanti il Parlamento e il Ministero di Grazia e Giustizia in attuazione del Programma di iniziative con lo slogan “noi le vittime, loro i carnefici”. Tanti i casi denunciati e “provati” dell’attuale sistema carcerario troppo buonista e permissivo nei confronti dei detenuti che punta persino all’abolizione del 41 bis: dai continui ritrovamenti di telefonini, sistemi di trasmissione di “pizzini” agli uomini del clan, dubbi suicidi, detenzione di droga, sesso in cella. La campagna di mobilitazione popolare ha sempre saldato i problemi del sistema penitenziario con quelli della più complessiva sicurezza dei cittadini che ritengono intollerabile ritrovare fuori dal carcere criminali che si sono macchiati di atroci delitti, in tanti casi “in permesso premio”. Per questa ragione sono sin troppo chiari gli obiettivi dell’ennesima pesante minaccia e per questo siamo convinti che lo Stato, con tutte le sue articolazioni democratiche, non farà mancare non la semplice solidarietà, non può sufficiente, quanto il sostegno a poter continuare a svolgere l’attività sindacale e civile. Confidiamo inoltre nella reazione dei cittadini che, numerosi, non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno a Di Giacomo”.

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