Odi et amo: rischi e benefici del caffè. I consigli della dottoressa Cinzia Baranello

Molise Tabloid porta avanti l’angolo dedicato alle abitudini connesse ad un corretto stile di vita, riguardante in particolare l’alimentazione, attraverso la parola di un’esperta. La dottoressa Cinzia Baranello affronterà di volta in volta le problematiche riscontrate nella nostra società, anche grazie all’esperienza sul campo, e fornirà utili consigli per migliorare la qualità della propria vita. Potrete inviarci richieste particolari e segnalazioni alla mail molisetabloid@gmail.com. Potrete inoltre contattare direttamente la dottoressa Baranello al numero 328.0329148. In occasione della Giornata internazionale del caffè – 1 ottobre – la nutrizionista affronta i rischi e i benefici di questa bevanda.

Il caffè è la bevanda più amata dagli italiani. La tazzina di espresso a colazione o dopo pranzo è irrinunciabile a tal punto che non ne bastano una o due al giorno. Il gusto, l’aroma ma soprattutto i suoi benefici sulla salute fanno sì che i consumatori siano sempre più esigenti. Sì, perché il caffè non aiuta soltanto a tenere svegli dopo un lauto pasto, grazie all’effetto della caffeina sul sistema nervoso centrale, ma un numero sempre maggiore di studi ha rilevato un’associazione inversa tra il consumo regolare di caffè e il rischio di morte. Ciò non vuol dire che il caffè rende immortali, ma almeno abbassa il rischio di morire di infarto. Naturalmente senza esagerare con le quantità né con l’aggiunta di altre componenti come lo zucchero o il latte. Diciamo che 3-4 tazzine al giorno, se non si soffre di ipertensione e non si è in dolce attesa, non fanno male, anzi piuttosto aiutano. In particolare, è stato osservato un miglioramento riguardo al rischio non solo di malattie cardiovascolari, come quella coronarica, e neurodegenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer, ma anche di patologie epatiche, infiammatorie e neoplastiche. Sono stati ottenuti risultati positivi anche in caso di diabete di tipo 2, sindrome metabolica, depressione, obesità e controllo dell’asma. Alcuni degli effetti benefici del caffè, in particolare gli effetti cardio- e neuroprotettivi, sembrano essere dovuti all’attività estrogenica di alcuni componenti, quali l’acido nicotinico (niacina o vitamina B3), l’ottilgallato (un acido), il beta-sitosterolo e il delta-tocotrienolo (lipidi); altri composti che mimano gli estrogeni, come l’acido caffeico, la teofillina e alcuni acidi fenolici, sembrano essere efficaci nel trattamento dei sintomi tipici della menopausa; i derivati dell’acido cinnamico, i terpenoidi (lipidi) e gli alcaloidi (tra cui la caffeina e la teofillina) mostrano una potenziale applicazione nel trattamento e nella prevenzione del cancro dell’endometrio. Un eccesso di attività estrogenica, tuttavia, può portare a conseguenze sfavorevoli a livello endocrino e riproduttivo.
I costituenti del caffè sono più di 1000. I chicchi disidratati del caffè verde contengono circa il 60% di carboidrati, il 15% di lipidi, il 10% di proteine, il 7-10% di acidi clorogenici, il 4% di minerali (potassio, calcio, magnesio…), il 2% di acidi alifatici, l’1-2% di caffeina, l’1% di trigonellina e meno dell’1% di amminoacidi liberi. Una volta tostati, il contenuto in carboidrati, proteine, acidi clorogenici e amminoacidi diminuisce, mentre aumenta quello degli alcaloidi (soprattutto la caffeina), dei minerali, dei lipidi e degli acidi alifatici. Come risultato, l’attività biologica cambia notevolmente, come, per esempio, l’alterazione dell’espressione genica. La quantità dei composti biologicamente attivi varia a seconda della specie di caffè, del grado di tostatura, del metodo di preparazione e delle porzioni. I meccanismi alla base degli effetti benefici del caffè sono diversi. Uno di questi è l’induzione dell’autofagia, una strategia che adottano le cellule per degradare e riciclare le componenti cellulari danneggiate, una sorta di “autodigestione” che può costituire, ad esempio, una valida alternativa alla morte cellulare dei neuroni nel morbo di Alzheimer. Altri meccanismi sono il miglioramento della sensibilità insulinica, la stimolazione della captazione del glucosio, il rallentamento della progressione della sarcopenia (perdita di massa muscolare) e la promozione della rigenerazione del muscolo danneggiato. Il caffè agisce anche a livello di alcuni segnali cellulari che intervengono nel controllo metabolico e nella risposta allo stress ossidativo (azione antiossidante). Le proprietà antiangiogeniche (che inibiscono, cioè, la vascolarizzazione dei tumori) e antinfiammatorie potrebbero essere mediate dall’inibizione dell’espressione della COX-2 (ciclossigenasi-2), cioè attraverso lo stesso meccanismo d’azione dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei).
La caffeina è stata per lungo tempo considerata un ergogeno, ossia un integratore in grado di migliorare la prestazione sportiva. In passato l’uso da parte degli atleti era vietato ma nel gennaio 2004 è stata rimossa dall’elenco delle sostanze proibite e inserita nel programma di monitoraggio della World Anti-Doping Agency, in quanto considerata psicoattiva. Gli effetti sul sistema nervoso centrale sembrerebbero mediati dalla capacità della caffeina di aumentare la concentrazione di dopamina nel cervello, la quale agisce positivamente sull’attenzione, sulla motivazione e sul tempo di reazione ma anche sul sistema nervoso simpatico, aumentando la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna; la caffeina, pertanto, migliora la forza massima della contrazione volontaria e la resistenza muscolare, oltre a ridurre la percezione della fatica durante l’esercizio fisico prolungato. La maggior parte degli studi mostra che le capacità cognitive, le abilità motorie e la resistenza migliorano con il consumo di caffeina a basse dosi e che, al di là dell’effetto ergogenico, aumentano anche il dispendio energetico a riposo, l’energia mentale, la coordinazione neuromuscolare e l’umore mentre l’ansia viene alleviata. Uno dei fattori che influenza l’effetto della caffeina sulla performance è il livello abituale di consumo, che non dovrebbe superare i 6 mg/Kg di peso corporeo, almeno per i bevitori abituali di caffè, al fine di non annullare il miglioramento. Per i bevitori naive, invece, sarebbe opportuno mantenersi a dosi più basse (3 mg/Kg), onde evitare effetti collaterali, quali tachicardia, palpitazioni, nervosismo, vertigini e sintomi gastrointestinali che risulterebbero deleteri per la prestazione. Gli effetti positivi e i possibili effetti negativi della caffeina variano da individuo a individuo, pertanto per uno sportivo che intenda utilizzare la caffeina come integratore è consigliabile testare preventivamente dosi e tempi di consumo.
La variabilità genetica individuale e lo stile di vita influenzano gli effetti esercitati dal consumo di caffè anche nella popolazione generale. L’abuso della bevanda, infatti, comporta dei potenziali rischi, dovuti essenzialmente all’elevato contenuto di caffeina: ansia, insonnia, mal di testa, tremori e palpitazioni; può incrementate il rischio di frattura nelle donne e, in gravidanza, può favorire la nascita di prole microsomica e il parto pre-termine. Infine, nonostante la grande quantità di molecole benefiche, durante il processo di tostatura ad alte temperature si formano composti potenzialmente dannosi come l’acrilammide, che può avere attività cancerogena.
Come tutti gli alimenti e le bevande, il caffè in dosi eccessive può far male mentre in quantità moderate e adatte all’individuo fa bene, fermo restando che il consumo avvenga nell’ambito di uno stile di vita sano.


(fonte: Baspinar et al., 2017. How coffee affects metabolic syndrome and its components. Food & Function)

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