Porzioni equilibrate e tanta pazienza, no a “papponi” e cibi-premio: le linee guida per lo svezzamento del bambino

I consigli della dottoressa Cinzia Baranello. La rubrica sull'alimentazione

Nella vita di un genitore, a partire dai 5-6 mesi di vita del proprio figlio, ci si trova a dover affrontare un processo molto importante ma allo stesso tempo molto delicato: lo svezzamento. Si tratta del passaggio dal latte materno, per il quale assume un ruolo esclusivo la mamma, al cibo solido, laddove subentra anche il papà (che fino ad allora se l’era scampata!). Se, come già spiegato in un articolo precedente (https://www.molisetabloid.it/2019/07/18/allattamento-seno-dottoressa-cinzia-baranello/), l’allattamento al seno è molto importante non solo dal punto di vista nutrizionale ma anche dal punto di vista affettivo, psicologico, immunitario e terapeutico/preventivo, l’alimentazione non è da meno. Essa, infatti, rappresenta il primo contatto con il mondo esterno; in questa fase il bambino è molto recettivo, pertanto educarlo alle buone abitudini sin da piccolissimo aiuta a prevenire l’insorgenza di patologie future (es. obesità, malnutrizione).
L’accrescimento del bambino dipende sia da fattori genetici che da fattori ambientali, tra i quali appunto l’alimentazione, e comprende 3 livelli di sviluppo: fisico (aumento di massa e modifiche morfologiche), cognitivo (cambiamenti funzionali) ed emotivo (cambiamenti psicologici).
Spesso si tende a soffermarsi soltanto sull’aspetto nutrizionale dello svezzamento, senza tenere conto di quello sensoriale: durante l’assaggio del nuovo cibo, il bambino sperimenta, infatti, sensazioni mai provate prima, legate alla consistenza, al sapore, all’odore e alla temperatura. Al fine di permettere lo sviluppo di questa sensorialità, è auspicabile lasciare che il bambino tocchi il cibo oltre che assaggiarlo, in tal modo è meno probabile che diventi schizzinoso e selettivo, andando incontro a carenze nutrizionali. Il bambino, inoltre, necessita di sviluppare nuove abilità che piano piano andranno a migliorare, quali la masticazione, la deglutizione e la coordinazione motoria. Un aspetto fondamentale di questo processo è l’autonomizzazione, che va assolutamente favorita. Un approccio molto consigliato è quello dell’autosvezzamento, in cui si permette al bambino stesso di scegliere, senza influenzarlo. Favorire la sua curiosità non può fargli altro che bene!
E arriviamo al punto più delicato: l’interazione del/i genitore/i durante il pasto. Parola d’ordine: PAZIENZA. Niente ansie, niente iper-controllo: come già detto, il bambino è molto recettivo e percepisce tutto, quindi se è presente un disagio, questo gli impedirà di diventare autonomo e di autoregolarsi e aumenterà la probabilità di sviluppare disturbi del comportamento alimentare in adolescenza. D’altro canto, bisogna assolutamente evitare “cibi-premio” (“se mangi tutta la verdura poi ti do il biscottino”) perché non fanno altro che aumentare la selettività. Creare un contesto positivo, invece, favorisce l’apprendimento associativo (“mangio perché sto bene con mamma e papà”).

Un’altra accortezza è quella di evitare i “papponi”, cioè frullare tutto insieme, perché in questo modo il bambino non distingue i vari sapori. Si possono preparare piatti unici ma gli alimenti devono essere distinguibili, quindi meglio tritare o schiacciare piuttosto che omogeneizzare.
A livello puramente nutrizionale ciò che va bilanciato è l’apporto proteico: non deve essere né troppo scarso né eccessivo. In genere gli omogeneizzati commerciali non hanno un adeguato apporto proteico, pertanto conviene proporre in maniera serena (non imporre) alimenti proteici ma non troppo grassi né troppo salati, come carne, pesce, uova, in uno dei due pasti principali, magari a cena così il bambino si sazia maggiormente. Con un apporto proteico eccessivo, soprattutto in questa fase, il bambino rischia di andare incontro al cosiddetto “adiposity rebound”, cioè all’accumulo eccessivo di grasso, per questo conviene dare una sola porzione di proteine al giorno ma adeguata. Fino a 3 anni il fabbisogno proteico è di 0,82 grammi di proteine per Kg di peso corporeo al giorno, quindi per un bambino di 10 Kg = 8,2 grammi di proteine al giorno. Per fare un esempio, il petto di pollo contiene 23,3 grammi di proteine in 100 grammi, quindi bastano circa 35 grammi di petto di pollo per raggiungere il fabbisogno proteico giornaliero. Un vasetto di omogeneizzato da 80 grammi, invece, contiene al massimo il 25-30% di carne, cioè 20-25 grammi, ovvero in media 5 grammi di proteine; dare 2 vasetti, però, neanche va bene perché significa aggiungere addensanti e conservanti.
In sostituzione del latte materno è preferibile il latte di crescita perché il latte vaccino ha un contenuto di proteine troppo elevato, oltre che un basso apporto di ferro e vitamina D; il latte di crescita invece ha la quantità giusta di proteine, ferro e vitamina D ed è arricchito con vitamine e altri micronutrienti che sviluppano le difese immunitarie. Se il bambino non gradisce il latte di crescita conviene continuare con il latte materno ancora per un po’ (se si dispone di un tiralatte, si può provare a trasferire il latte materno nel biberon per capire se è un problema di gusto o di tettarella).
Durante il pasto si può provare a rimuovere il tavolino del seggiolone e avvicinare il bambino al tavolo in modo che diventi un commensale di mamma e papà; in alternativa, quando il bambino è più grande, lo si può far mangiare al suo tavolino, sulla sua sediolina, con accanto la mamma o il papà.
Come base per i cibi si può alternare al brodo vegetale il latte vaccino (non quello di crescita!!), se necessario diluito in acqua. La salsa di pomodoro o i pelati sono anche un’ottima base per insaporire i cibi meno graditi.
Il sale non andrebbe aggiunto almeno fino all’anno di età del bambino, perché i suoi reni non sono ancora maturi per filtrare i sali; dopodiché si può iniziare ad aggiungerne un pizzichino alle pietanze oppure, meglio ancora, si può provare un po’ alla volta ad aggiungere erbe e spezie (es. origano) per dare più sapore. Naturalmente è ancora presto per il pepe e il peperoncino!
Nel caso in cui il bambino si svegli la notte, si può provare a posticipare leggermente l’orario della cena e includervi gli alimenti proteici, che vengono digeriti più lentamente rispetto ai carboidrati dando un maggiore senso di sazietà; al posto della pastina, volendo, si può somministrare mollica di pane o patate (30 grammi di pastina possono essere sostituiti con 40 grammi di pane o 150 grammi di patate).

In genere i pediatri forniscono uno schema dettagliato per lo svezzamento, in modo da introdurre i nuovi alimenti in maniera progressiva. È bene non far mancare mai le verdure, proponendone una nuova per volta. Nel condimento non deve mai mancare un cucchiaino di olio extravergine di oliva a crudo, fonte di acidi grassi monoinsaturi, vitamina E, antiossidanti e con un rapporto tra acidi grassi omega 6 e omega 3 simile a quello del latte materno; un cucchiaino di parmigiano, inoltre, provvede all’apporto di calcio, importantissimo in fase di crescita, e di proteine in forma digeribile.
Se un alimento nuovo non è gradito, è inutile e controproducente forzare il bambino ad assumerlo: basta toglierlo momentaneamente e provare a reintrodurlo in seguito.
Quante volte abbiamo visto un bambino rosicchiare la crosta del pane? Si tratta di un’azione molto utile per stimolare la masticazione e l’autonomia, come lo è anche lasciargli nel piattino il cibo a pezzetti, mollichine di pane, pisellini, frutta (banana, arancia, kiwi, pera matura), in modo che li porti da solo alla bocca. Attenzione però: se li butta per terra o si sporca bisogna fare uno sforzo in più e trattenersi dal manifestare reazioni negative che possano trasmettergli ansia, disagio o avversione.
Ultimo capitolo ma non meno importante: gli allergeni. Quando si propone al bambino un alimento nuovo che rischia di provocare allergie (es. fragole), è opportuno darne una piccola quantità iniziale e aspettare il giorno dopo per vedere se compaiono eritemi; se non compaiono si può proseguire in questo modo, aumentando progressivamente le quantità, altrimenti desistere.
Come sempre, mettere in pratica ciò che in teoria sembra scontato non è sempre facile. Il consiglio che sento di dare alle mamme e ai papà è quello di affidarsi al proprio istinto genitoriale pensando prima di tutto al bene del bambino, dando più importanza all’aspetto psicologico che a quello nutrizionale, senza preoccuparsi che il bambino “se non mangia non cresce”. Ovviamente il latte è sempre un ottimo sostituto in casi estremi ma l’attenzione dei genitori nutre un bambino più di qualsiasi alimento.

Dott.ssa Cinzia Baranello
Biologa Nutrizionista

*Chi è interessato a segnalare casi o formulare richieste particolari, può scrivere all’indirizzo mail molisetabloid@gmail.com. E’ possibile inoltre contattare direttamente la dottoressa Baranello al numero 328.0329148.

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