Omicidio Micatrotta, De Vivo tenta di scagionarsi: “Una fatalità. Il coltello? Non l’ho portato io”. Video

L'avvocato Prencipe: "Sarà fondamentale ricostruire le conversazioni telefoniche"

“È stata una fatalità, non volevo colpire Cristian”. Giovanni De Vivo ha tentato di scagionarsi nel corso dell’interrogatorio, a cui ha chiesto di essere sottoposto, tenutosi questa mattina nel carcere di Campobasso per raccontare la sua versione dei fatti circa la tragedia avvenuta in via Vico la sera della vigilia di Natale in cui ha perso la vita il geometra 38enne Cristian Micatrotta a seguito di un colpo alla gola tramite un coltello da cucina. Proprio in merito all’arma del delitto, l’operaio 37enne, attualmente indagato per omicidio volontario, avrebbe sostenuto di non aver portato con sè il coltello, ma lo avrebbe raccolto da terra nel corso della colluttazione, che sarebbe avvenuta, almeno inizialmente, fra lui e il cognato di Cristian, poi intervenuto per provare a placare gli animi. Si tratta di una indiscrezione relativamente a quanto riferito da De Vivo ai magistrati, dettaglio su cui gli inquirenti però al momento non sembrano dare ragione all’indagato. De Vivo ha risposto alle domande del gip Veronica D’Agnone e dei pm Nicola D’Angelo ed Elisa Sabusco, come confermato dal suo avvocato Mariano Prencipe. “Nessuna circostanza è rimasta inevasa”, ha commentato all’uscita dal carcere di via Cavour. “Ritengo che il processo si baserà su quanto emergerà dalle indagini scientifiche e in particolare da quello che emergerà dalle analisi dei cellulari”. Sembrerebbe che il 37enne nel corso delle domande abbia confermato il riferimento ad una presunta cessione di droga avvenuta quella sera, anche se l’avvocato Prencipe non ha voluto commentare il possibile movente del “confronto” e della successiva colluttazione, poi degenerata in tragedia.

(Seguono aggiornamenti)

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