Anniversario della strage di via D’Amelio, 30 anni di luci e ombre. La lezione di coraggio di Borsellino alle nuove generazioni

Quel boato assordante in un giorno di piena estate, i vetri frantumati di auto, finestre, e quel fumo nero che avvolse Palermo in Via D’Amelio lasciò, in quel 19 luglio 1992, attoniti tutti gli italiani, che avevano riposto nella figura del Giudice Paolo Borsellino, tutte la voglia e la forza di lottare per sconfiggere la mafia e tutte quelle forme di illegalità. Solo dopo 57 giorni dall’attentato di Capaci, in cui il Giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta furono barbaramente assassinati per mano dell mafia, un secondo vile attentato, questa volta nel pieno centro di Palermo, fu la prosecuzione di quella dichiarazione di guerra allo Stato alle due “icone” della Giustizia; in quei 57 giorni, la storia del nostro Paese cambiò decisamente volto, visto che da quel momento tutti gli italiani si sono stretti intorno a “Giovanni e Paolo” e alle loro famiglie, per intraprendere la strada della lotta alla mafia, che nel corso degli anni si è estrinsecata con decine e decine di udienze, operazioni di Polizia Giudiziaria, indagini e formazione di fascicoli che hanno contribuito ad assicurare alla Giustizia almeno gli esecutori materiali degli attentati; è triste affermare, di contro, che a distanza di trent’anni, sono ancora molti i punti oscuri che avvolgono questi due attentati mafiosi. La figura di Paolo Borsellino è ancora presente nelle aule di tribunali, nelle scuole di formazione per Agenti di P.S., negli uffici pubblici ed in tutte quelle sedi istituzionali dove la sete di Giustizia e di Legalità è sempre presente, con tanta forza e coraggio da parte di chi, ogni giorno, lavora per assicurare alla Giustizia, gli uomini affiliati alla mafia. Il Giudice siciliano, insieme al collega Giovanni Falcone hanno rappresentato e continuano a rappresentare un punto di riferimento per i colleghi Magistrati, che quotidianamente ricercano elementi importanti per proseguire il lavoro iniziato, negli anni 80′, dal “pool antimafia”. Oggi è una giornata triste per tutto il Paese che inevitabilmente dovrà soffermarsi a riflettere su quanto Paolo Borsellino ha lasciato alle future generazioni, in termini di coraggio, voglia di giustizia e legalità, sacrificando la propria vita e quella dei suoi agenti di scorta, che non si sono mai sottratti al dovere e al proprio lavoro, in cambio di un normale “stipendio statale”. Sono certo che nelle scuole di ogni ordine e grado verrà raccontata ai giovani, ai futuri magistrati ed ai futuri avvocati, il lavoro, umile, svolto da Borsellino tra tanti ostacoli e difficoltà ma sempre senza venir meno quel quel “coraggio”, che come spesso dichiarava è l’antidoto per vincere la paura. L’Associazione Talenti e Artisti Molisani ha voluto, negli anni scorsi, proporre l’intitolazione di un luogo della Città ai due Magistrati, proprio per non dimenticare quanto tristemente accaduto in quel terribile mese di luglio del 1992, con l’augurio che quella grande “Piazza” oggi Piazza Falcone e Borsellino”, possa diventare, ogni anno, un luogo simbolo della Giustizia e della Legalità ove tutti i cittadini campobassani possano sentirsi parte di questa lotta che i due magistrati siciliani hanno insieme condotto, da cittadini italiani, da innamorati della propria terra, convinti di poter cambiare quel senso di omertà, che spesso è parte integrante dei progetti mafiosi che avvolgono non solo la Sicilia, ma anche altre regioni del nostro Paese. “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”, così Paolo Borsellino motivava la lotta alla mafia, intrapresa un volta entrato in magistratura; un frase, questa, che dovrebbe essere trascritta in ogni libro di studi sia scolastico che universitario, per motivare le future generazioni a non arrendersi mai. (Michele Falcione, presidente Associazione Talenti e Artisti Molisani)

Il sindaco di Campobasso, Gravina: “Continuare a chiedere giustizia e verità”.
“Un filo di dolore e sgomento tiene insieme, nella nostra memoria personale e collettiva, ciò che accadde prima il 23 maggio 1992 a Capaci e quello che si ripeté il 19 luglio del medesimo anno a via D’Amelio a Palermo. Lo stesso identico fragore, lo stesso boato, la stessa ingiustizia e i medesimi artefici, privarono della vita uomini e donne che con precisa consapevolezza e per scelta, avevano deciso sin dal principio da quale parte schierarsi e combattere, ovvero dalla parte della giustizia, della libertà e dello Stato. Oggi, nel 30° anniversario dell’attentato di via D’Amelio, nel quale persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, quello stesso fragore da combattere è diventato il silenzio nel quale si rischia di lasciar cadere tutto, i nomi dei colpevoli come le motivazioni che portarono alla terribile stagione del 1992. Non si tratta solo di ribadire l’importanza della memoria di questi uomini e queste donne strappate con crudeltà e vigliaccheria ai loro cari e al nostro Paese, bensì si tratta di continuare a chiedere giustizia e verità, ovvero ciò su cui una nazione democratica come la nostra, deve poggiare le sue basi a garanzia del bene comune.”

Il presidente della Provincia di Campobasso, Roberti: “Noi rappresentiamo la memoria per le giovani generazioni, rinnovare in loro il ricordo”.
Trenta anni di un silenzio assordante dopo il boato, il 19 luglio 1992, con cui la mafia fece sentire la propria arroganza e prepotenza, così come fece poco meno di due mesi prima, il 23 maggio. Oggi, 19 luglio 2022, ricordiamo, a 30 anni di distanza, la tristezza e la rabbia di quella giornata, in cui persero la vita, nell’attentato di via D’Amelio, a Palermo, il magistrato Paolo Borsellino con cinque dei sei agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. La mafia rispose con due attentati a un’opera, quella dei magistrati Falcone e Borsellino, volta a sconfiggere la mafia e la criminalità organizzata nelle aule di Tribunale. Loro che avevano fatto del diritto e di una condotta quotidiana secondo leggi e norme la propria ragione di vita in un territorio nel quale l’anti-Stato era un fenomeno dilagante. Falcone e Borsellino pagarono con la vita la sete di una condotta di vita onesta e trasparente, respingendo ogni forma di attentato all’Ordinamento Statale. A distanza di 30 anni, noi rappresentiamo la memoria per le generazioni più giovani, alle quali rinnovare il ricordo di quelle pagine buie della storia d’Italia, affinché venga continuamente aggiornato l’impegno al contrasto a tutte le forme di condotta contra legem.

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