Elezioni del 25 settembre, guida al voto. Curiosità e consigli per non sbagliare

Domenica 25 settembre si vota per il rinnovo di Camera dei Deputati e Senato della Repubblica. Per molti ragazzi neo maggiorenni sarà la prima occasione di recarsi al voto, ma soprattutto – novità dell’attuale tornata – tutti coloro che hanno compiuto il 18esimo anno di età potranno votare sia per la Camera che per il Senato (mentre prima per votare al Senato bisogna aver compiuto almeno 25 anni). Inoltre verranno eletti 600 rappresentanti, non più 945. Sono esclusi dal voto tutti coloro che hanno subito condanne penali definitive, con pene superiori ai 5 anni di età, mentre i detenuti con pene inferiori possono votare all’interno delle carceri. Le urne saranno aperte domenica dalle ore 7 alle ore 23. Per votare sono necessari un documento di riconoscimento e la tessera elettorale, vietato invece portare con sè un cellulare (diversamente va dichiarato e appoggiato temporaneamente sul tavolo degli scrutatori prima di entrare nella cabina elettorale), così come matite o penne, dal momento che va utilizzata solo la matita copiativa fornita al seggio.

Come si vota.
Saranno due le schede consegnate all’elettore prima di entrare in cabina elettorale: una gialla per il Senato e una rosa per la Camera. In ciascuna di esse, vi sono dei riquadri con simboli e nomi all’interno. In cima ad ogni riquadro (o gruppi di riquadri) è stampato il nome del candidato al collegio uninominale per un partito o una colazione, mentre i nomi in colonna all’interno dei riquadri sono quelli dei candidati ai collegi plurinominali per il partito/movimento il cui simbolo si trova alla loro sinistra. Per votare sarà necessario tracciare una X. Dove? Queste le opzioni:
– Sul nome di un solo candidato al collegio uninominale; in quel caso il voto andrà al candidato e, in proporzione, ripartito fra i partiti che lo sostengono.
– Sul simbolo di un solo partito; in quel caso il voto andrà, in proporzione, sia ai candidati al plurinominale di quel partito, sia al candidato all’uninominale che il partito sostiene.
– Sul nome di un solo candidato al plurinominale; in quel caso il voto andrà al candidato scelto e al candidato all’uninominale che il partito del primo sostiene.
Non sono ammessi voti disgiunti, pena la nullità della scheda.


Fonte: photo-courtesy

Chi viene eletto e differenza fra uninominale e plurinominale.
L’attuale legge elettorale, denominata Rosatellum, prevede un sistema misto maggioritario e proporzionale. Ciò significa che:
– il 37% dei rappresentanti si elegge con il sistema maggioritario nei collegi uninominali (146 alla Camera e 74 al Senato),
– il 61% dei rappresentanti si elegge con il sistema proporzionale nei collegi plurinominali (245 alla camera e 122 al Senato)
– il 2% dei rappresentanti si elegge con il voto dall’estero, mediante un sistema proporzionale con voto di preferenza su base circoscrizionale.
Il sistema maggioritario agevola in particolare i partiti legati alle coalizioni. Chi ottiene un voto in più rispetto agli altri ottiene la maggioranza dei seggi in Parlamento. In ogni collegio elettorale le singole liste corrono una contro l’altra con uno specifico candidato, i cosiddetti collegi uninominali. Chi arriva primo si aggiudica il seggio. Le circoscrizioni elettorali, in Italia, sono 28 per la Camera e 20 per il Senato. Ad ogni regione, a seconda del numero di abitanti, vengono assegnati un numero variabile di collegi plurinominali: per ogni collegio plurinominale sono indicati uno o più collegi uninominali. Nei collegi plurinominali si elegge più di un rappresentante (assegnati con sistema proporzionale), mentre in quelli uninominali se ne elegge solo uno (questi sono assegnati col maggioritario). Cosa si intende per sistema proporzionale? Un partito ottiene una percentuale di seggi in Parlamento sulla base dei voti presi alle elezioni. Un partito, per poter entrare in Parlamento nella quota proporzionale, deve raggiungere almeno il 3% dei voti validi a livello nazionale (con alcune eccezioni a livello regionale). Una coalizione invece deve raggiungere almeno il 10% dei voti. I voti delle liste che superano l’1% ma non arrivano al 3% vengono ripartiti proporzionalmente nelle liste alleate. Se un partito non raggiunge neppure l’1%, i voti vanno dispersi.

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