Maurizio, l’educatore cinofilo che insegna a ‘parlare’ con i cani: “Così il mio amore per Gea è diventato una professione per aiutare gli altri proprietari”

In Molise l’aumento dei “pet” impone riflessioni sia individuali che istituzionali. Dai primi passi per migliorare il rapporto con il proprio amico a quattro zampe ai problemi comportamentali e alle necessità nutrizionali: a tu per tu con l'esperto

Avere un animale in casa è ormai una prassi ampiamente diffusa. Secondo i dati di Assalco (Associazione Nazionale Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia) un italiano su tre convive con un ‘pet’ – che in inglese sta appunto per animale da compagnia – e il 42% delle famiglie ha un animale domestico.

Sono i cani e i gatti gli amici a quattro zampe prescelti, anche grazie alla loro capacità di adattamento, ma soprattutto per il legame che storicamente hanno con gli esseri umani e la maggiore possibilità di convivenza in un ambiente chiuso come quello di una casa.

I cani hanno esigenze diverse rispetto ai gatti e, da certi punti di vista, sono meno autonomi. Già per natura hanno bisogno di una figura di riferimento da seguire e a cui “scaricare” una serie di responsabilità. L’impegno è tanto più importante se si considera l’incrocio di tre fattori: le esigenze del proprietario e, quindi, le regole della casa; le esigenze e il benessere del proprio “pet”; il rispetto delle leggi e delle prassi civiche, quindi il rapporto con le altre persone.

Il proliferare degli animali domestici ha spinto il legislatore a garantirne una maggiore tutela nel tempo mentre amministrazioni comunali, associazioni e imprese ne hanno aumentato via via i servizi.

In Molise, in attesa dell’aggiornamento dell’anagrafe canina, si stimano tra i 20mila e i 40mila cani di proprietà. Tantissimi sono poi quelli liberi o abbandonati, e i canili sono pieni.

Chi ha o ha avuto un cane domestico parla di esperienza bellissima e appagante. La convivenza e la gestione del proprio cagnolino, tuttavia, non sono una passeggiata, soprattutto all’inizio. Niente di impossibile ma una volta desiderosi di prendere un cane o adottarne uno abbandonato bisogna decidere per una scelta consapevole e di responsabilità.

Quanti hanno dovuto fare i conti con scarpe mordicchiate, divani rovinati, tappeti danneggiati? E quanti sono stati quasi trascinati dal proprio cagnolino che tira al guinzaglio?

Sono solo esempi per affermare come all’inizio imparare delle tecniche per ‘capire’ il proprio cane e fargli capire – viceversa – le nostre intenzioni e le nostre regole sia davvero molto importante. Quanto ne siamo consapevoli in Molise? E quanto pensiamo di saperne sull’argomento?

Ne abbiamo parlato con Maurizio del Monte, educatore cinofilo di Campobasso, titolare dell’attività “L’arca di Gea” in via Garibaldi.

Maurizio, innanzitutto chi è l’educatore cinofilo e cosa fa?

E’ una figura che aiuta il proprietario a gestire il cane in tutte le situazioni possibili, sia in ambito casalingo che urbano, così come in contesti più naturalistici, per esempio in una situazione in cui si decidesse di slegarlo in ambiente selvatico, come un bosco.

Solo se c’è relazione tra cane e proprietario si può instaurare nel tempo un rapporto di fiducia e rispetto reciproco”.

Da quanto tempo fai questo lavoro e come è nata la passione per i cani? Raccontami la tua storia.

Faccio questo lavoro dal 2017. L’amore per loro ce l’ho sin da piccolo, perché abbiamo sempre avuto cani di proprietà.

Certo, la concezione del passato rispetto a quella generalizzata di oggi era molto diversa, ossia il cane si teneva fuori casa, in campagna, e veniva lasciato a se stesso. Io sono cresciuto così, con i cani di mio nonno che di giorno andavamo appositamente a trovare in campagna.

Il mio primo cane è stata Pata, oggi mia assistente nel lavoro. L’ho presa alla fine del secondo anno del corso di laura triennale tramite un annuncio su Facebook postato da una volontaria che salva tartarughe marine e presso la quale la mia compagna aveva svolto uno stage. Questo succedeva a Roma.

Tre o quattro mesi dopo è arrivata Gea.

Gea aveva molti problemi, era difficilmente gestibile, soffriva di un’ansia generalizzata e aveva una paura che sfociava in fobia quando sentiva i rumori forti. Inoltre Gea andava in protezione estrema con Pata, che non poteva giocare con altri cani altrimenti subiva la sua reazione. Insomma, i primi 6 mesi sono stati difficili. Inoltre ci avevano detto inizialmente che era positiva alla leishmaniosi, ma attraverso esami approfonditi a cui l’abbiamo fatta sottoporre è in realtà risultata negativa. Successivamente ci spostiamo a Pisa per la laurea magistrale e lì scopro che c’è un corso per educatore cinofilo. Mi sono detto: quale migliore occasione, per me, per imparare in primis a gestire Gea e far stare meglio Pata?

Non era mia intenzione lavorare con i cani. Pensa che quando gli insegnanti chiedevano chi voleva fare dell’esperienza acquisita una professione tutti alzavano la mano tranne me.

Presso il centro svolsi diversi stage e giochi con Gea, lavorammo molto sul problem solving per aumentare la sua sicurezza e aiutarla a staccarsi da Pata. Poi abbiamo lavorato in acqua e Gea ha imparato a nuotare. La titolare a quel punto mi ha chiesto se volessi darle una mano e io, sempre con l’idea che quello non sarebbe stato il mio lavoro, ho accettato per aumentare la mia esperienza. In realtà, poi, ci sono rimasto per anni.

Più andavo avanti, più accrescevo le mie competenze e ho deciso di ampliare la visione. Ho cercato di imparare più cose possibili e ho seguito una serie di corsi inerenti alle situazioni che mi capitavano con i miei primi clienti. Ad esempio problematiche da aggressione, il passaggio da cucciolo a cane adulto, l’ingresso e il movimento in acqua, che ritengo sia una situazione ideale per il cane perché una volta superata la paura costituisce un momento di estremo relax.

Finita l’università, mi laureo come biologo e dico, finalmente, ‘ora faccio quello che volevo fare sin dall’inizio’, ossia nutrizionista per cane e gatti. Ma ormai quello che avevo imparato era nel mio destino e nel mio futuro.

E’ arrivata la pandemia di Covid e per ragioni di opportunità io e la mia compagna abbiamo deciso di spostarci a Campobasso.

Ho iniziato a farmi conoscere come educatore cinofilo mettendo annunci sui social e andavo porta a porta, facendo lezioni a casa o nelle aree cani. E’ stata la mia prima esperienza completamente solo.

A Pisa, infatti, andavo nelle case ma sempre sotto la guida del centro cinofilo. Erano i clienti a venire da noi e poi, se c’era l’esigenza, andavamo noi a casa loro”.

Avevi paura le prime volte?

Sì, penso sia umano. Le prime volte avevo un po’ di ansia, ma la titolare mi ha dato una grande mano perché inizialmente mi ha affidato casi facili e col tempo mi ha aumentato il livello di difficoltà. Si era creato un ambiente di lavoro sano e ringrazierò lei, Valentina, per tutta la vita. Eravamo in tre e ci confrontavamo sempre. Ci confrontavamo molto sui cani e proprietari che venivano al centro.”

Poi la decisione di avere una sede stabile a Campobasso, un po’ come a Pisa, ed è nata L’Arca di Gea, giusto?

Sì, L’Arca di Gea è nata così, dopo che il porta a porta ha iniziato ad andare bene. Ho aperto l’attività con l’idea di fornire servizi totalmente nuovi. A partire dalla toelettatura self-service, come avevo visto su a Pisa, e facendola diventare una struttura interamente dedicata al cane, con prospettive di ampliamento, al fine di rendere Campobasso un posto dove un proprietario che ha a che fare con un problema comportamentale del proprio cane abbia un punto di riferimento”.

Qui non ce n’erano?

All’inizio quando cercavo lavoro a Campobasso ho riscontrato la presenza di molti addestratori ma non di educatori. L’addestramento è altra cosa, è insegnare al cane un lavoro o uno sport. Io mi auguro che la mia figura professionale cresca in questa città e che io possa confrontarmi con altri colleghi, soprattutto su casi complessi. Non si tratta di concorrenza, in quel caso, ma di collaborazione.”.

Perché hai scelto di dedicare il centro a Gea e come mai il riferimento all’arca?

Ho scelto Gea perché, come ho raccontato, è tutto partito da Gea. Pata è il mio assistente al lavoro e quindi l’educatore con cui mi confronto. Sono sincero: vedo in Gea un cane più forte, mentre sento sempre che Pata abbia bisogno di protezione. Il termine arca, invece, l’ho scelto perché l’arca abbraccia tutto. Qui, infatti, non vengono solo cani e i proprietari si rivolgono a me e al centro per diversi motivi, dalla pulizia all’educazione, fino al piano nutrizionale”.

Qual è l’importanza di consultarsi e seguire la guida di un professionista come te?

Io dico sempre una battuta, che poi battuta non è: è il proprietario il primo a dover essere educato, soprattutto se il cane non ha grandi problemi. Ci sono delle regole da conoscere per migliorare il rapporto tra cane e proprietario. E’ importante avere una figura competente di riferimento. Sono tante le persone che ricevono consigli sbagliati da altri proprietari che magari agiscono per luoghi comuni o che vengono travolti da una miriade di informazioni lette su internet senza sapere da dove iniziare.

Con poche regole si può fare già tantissimo. Poi è chiaro che ci vuole un po’ di costanza e impegno”.

Anche per i nostri animali l’educazione alimentare è importante?

Certo, come vale per noi, anche per la loro salute e il loro benessere ci sono dei principi base da seguire.

Faccio un esempio su quello che i cani non devono mangiare.

La cioccolata, lo sanno tutti, fa male a loro.

Il cibo da tavola non va mai dato. Non è solo una regola di principio, il problema è che il nostro cibo è molto condito e ci sono elementi come sale, aglio, cipolla che non fanno bene al loro organismo. Per questo i nostri avanzi non vanno bene per loro.

Parliamo di un classico: l’osso della carne che è rimasto nel nostro piatto. Quanti pensano che possa essere allungato al nostro amico a quattro zampe. In realtà l’osso assorbe le spezie con cui abbiamo condito la carne. Inoltre potrebbe scheggiarsi e dare problemi al suo apparato gastroenterico e alla sua gola.

La regola da seguire e che non smetterò mai di predicare è di andare sempre in prevenzione, anche quando la probabilità che una cosa possa succedere è relativamente bassa.

Ci sono dei masticativi adatti per loro, come il corno di cervo, che – se lo confrontiamo con l’osso avanzato dal nostro piatto – non puzza, non unge e non va in putrefazione. Ricordo, a mo’ di parentesi, che i cervi perdono i palchi in maniera naturale.

A livello nutrizionale, cosa consigli?

Il cane è carnivoro opportunista, ma la carne deve sempre essere presente nella sua alimentazione. Vanno poi aggiunti carboidrati, alcuni tipi di frutta e verdure, quindi fibre, per aiutare digestione e benessere.

Bisogna inoltre considerare un’altra cosa. C’è la nutrizione in fisiologia e c’è la nutrizione clinica, per quest’ultima è essenziale il confronto con il medico veterinario curante.

E’ importante convincere il proprietario a far seguire il proprio cane da più figure professionali, veterinario e nutrizionista in primis”.

Ci sono diversi proprietari che raccontano di danni in casa fatti dal proprio cane, soprattutto quando rimane da solo. Esiste un modo per evitarlo?

Un problema di questo tipo è probabilmente solo la punta dell’iceberg. Il comportamento distruttivo, come nell’esempio che hai fatto, è un disagio che il cane sta manifestando. Dietro, infatti, ci sono altri comportamenti da correggere. Lo stesso vale per il cane che tira al guinzaglio. Esistono dei modi per evitarlo e imparare a gestire la passeggiata.

A seconda della razza e delle sue attitudini, inoltre, un cane va fatto scaricare in un certo modo.

Pensiamo al Border Collie, cane scelto per condurre greggi e che ragiona, solitamente abituato a lavorare in simbiosi con il pastore e a stare tanto tempo all’aperto. Se lo lasciamo 8 ore solo in casa, non possiamo sperare che stia buono e non faccia niente, per poi tornare, fare una semplice passeggiata e pretendere che la notte si metta lì a dormire. Oppure, pensiamo al Jack Russell che è un cane con tanta energia. Se lo lasciamo in giardino ci farà sempre buche. Insomma, ci sono cose che vanno analizzate in base a razza, carattere, contesto in cui si vive e vita del proprietario”.

La cultura dell’animale domestico è cresciuta moltissimo negli ultimi dieci, quindici anni.

I cani domestici sono tantissimi ormai: una famiglia su tre ne ha almeno uno. I gatti sono di più perché più semplici da gestire.

In Molise, considerando che l’anagrafe canina non è aggiornata da anni, nel 2015 erano, circa, 20mila i cani censiti. Molti cani sono senza microchip, quindi il dato va almeno raddoppiato per avere idea dei numeri. E oggi saranno cresciuti ulteriormente. Non è un caso che ci sono così tanti veterinari. Per vedere quanto la cultura dell’animale domestico è diffusa basta vedere il numero dei veterinari in un territorio”.

E poi ci sono quelli abbandonati. C’è un problema canili che andrebbe affrontato a livello istituzionale?

Io credo che le persone che operano in canile, i volontari che fanno un lavoro invidiabile, andrebbero retribuiti. I Comuni dovrebbero fare un bando e assumere tot persone con requisiti in base al numero dei cani presenti. Andrebbero fatti investimenti anche sui box perché i cani devono stare bene e restarci il meno possibile.

La differenza sta nella cultura. A Pisa, come in altre località su, i canili sono vuoti, qua sono stracolmi. Se si vogliono incentivare le adozioni bisogna anche sostenere il punto in cui avvengono le adozioni e il proprietario deve essere accolto in un certo modo.

Molti cani che vengono portati e prelevati dai canili hanno gravi problemi dal punto di vista psicologico, hanno subito dei traumi. La gestione del randagio è una gestione principalmente sanitaria. E non ammetto l’idea che esistano regioni di serie A e regioni di serie B dal punto di vista sanitario”.

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