Alle origini dei Santi Martiri Larinesi, presentate le “Note Inedite” di Giuseppe Mammarella

Alla presenza di un folto ed interessato uditorio, si è svolta il 1° marzo scorso, nella sala “Freda” del Palazzo ducale di Larino, la cerimonia di presentazione dell’ultimo lavoro di Giuseppe Mammarella, Responsabile dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino.
Si tratta, come preannunciato, delle “Note inedite sui Santi Martiri Larinesi”, Compatroni di Larino e dell’intera diocesi, date alle stampe dalla nota “Editrice Tau”, che si avvalgono della presentazione di mons. Gianfranco De Luca, Vescovo di Termoli-Larino e della prefazione di Giovanna Greco, della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica dell’Abruzzo e del Molise.
Dopo i saluti di Pasquale Gioia, presidente del locale Lions Club, di Aristide Vitiello vice presidente del “Gruppo Animatori Centro Storico” della città frentana e di Iolanda Giusti, assessore alla Cultura del Comune di Larino, il Vescovo mons. Gianfranco De Luca ha evidenziato, tra le altre cose, l’importanza della ricerca in genere ed in particolare quella che si effettua presso l’Archivio Storico Diocesano dove Giuseppe Mammarella opera quotidianamente, ormai da tempo.
Lo storico e scrittore don Mario Colavita, con la sua ampia ed interessantissima relazione, ha illustrato diversi aspetti legati al martirio dei primi secoli del Cristianesimo tra cui, “I Cristiani e l’Impero romano” e “Il culto dei Martiri Cristiani attraverso gli Acta e le Passiones”. Colavita si è soffermato, poi, su “La letteratura apocrifa” ed a tal proposito così si è espresso: “nasce in seno al giudaismo e poi si diffonde con il cristianesimo. Gli scritti apocrifi veicolano antiche tradizioni orali che nel tempo sono state messe per iscritto giungendo fino a noi. Queste tradizioni ci fanno riscoprire l’ambiente dei primi secoli del cristianesimo, in alcuni casi ci danno informazioni anche di secoli precedenti alla nascita di Gesù, così ci aprono la mente all’ambiente precedente e successivo agli avvenimenti dei Vangeli. La cosa interessante dei testi apocrifi e che non sono opera di falsari, ma in essi confluiscono antichissime tradizioni che rispecchiano le diversità dell’ambiente geografico o culturale. I libri apocrifi sono stati in grado di influenzare grandemente la teologia, l’arte, la poesia, la musica, la liturgia e la cultura popolare con la loro straordinaria ricchezza. Durante il Medioevo – continua don Mario Colavita – questi libri influenzarono autorevoli e stimati pensatori sia durante il Medioevo, sia durante l’epoca rinascimentale, compresi Dante e Milton. La ricerca di Giuseppe Mammarella verte proprio su un testo apocrifo dal quale emergono scintille di verità che nel tempo si sono innestate nella tradizione e nel culto fino ai nostri giorni. Nello scritto di Mammarella ci sono tanti elementi che chiariscono le nostre tradizioni e ci dicono da dove vengono”.

I lavori si sono conclusi con l’intervento dell’autore che ha sottolineato, in particolare, alcuni aspetti legati proprio al documento apocrifo dell’XI o XII secolo, a noi giunto in trascrizione settecentesca, da lui preso maggiormente in considerazione. L’atto in questione risulta davvero interessante anche in considerazione delle preziose informazioni fornite in proposito, poco prima, dal relatore don Mario Colavita.
“La copia settecentesca della testimonianza scritta – ha affermato Giuseppe Mammarella – custodita nell’Archivio Storico Diocesano, mai presa in considerazione finora, è stata pazientemente tradotta dal latino da Padre Luigi Capozzi, dell’Ordine degli Scolopi, di stanza a Roma. Nella pubblicazione ho cercato di esporre, in forma estremamente sintetica, il contenuto di ben undici pagine (il testo integrale figura in appendice), riportando fedelmente i passi più significativi estratti dalla rigorosa traduzione letterale dal latino”.
“Dal manoscritto – ha continuato Mammarella – anche se in buona parte apocrifo, emerge più di qualche dato interessante. Da considerare, innanzitutto, il chiaro significato simbolico dei loro nomi, di origine latina, che appare nell’interrogatorio del rappresentante dell’Imperatore: Primiano, che indica il figlio primogenito, Firmiano, che denota fermezza e stabilità nella fede; Casto che rivela l’illibatezza dell’animo”.
“Vanno inoltre rilevati – aggiunge Giuseppe Mammarella – riferimenti ad almeno due credenze tradizionali, fermate nel documento in questione e ancora oggi radicate nella memoria popolare. La prima concerne la nota espressione, attribuita a San Primiano, del seguente tenore: ‘Gente pessima di Larino…’; la stessa, in buona sostanza, trova riscontro nel passaggio ‘a Larino, dove c’erano uomini molto perfidi e senza alcuna pietà’. L’altra è quella legata alle belve feroci che si sarebbero rifiutate di sbranare Primiano, Firmiano e Casto. Nel manoscritto è rammentato come segue: ‘…comandò che essi fossero messi davanti a ferocissimi leoni, i cui ruggiti erano intollerabili; allora i leoni nascondendo la ferocia, e divenuti miti leccavano il loro sudore…’”.

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