Si è aperta con un momento di intensità emotiva la terza edizione di “Biodiverso Culturale – Il lavoro culturale per la rigenerazione territoriale”, il workshop dedicato al ruolo della cultura come motore di trasformazione nelle aree interne dell’Appennino. L’11 dicembre 2025, la sala conferenze di Borgotufi ha ospitato la presentazione della Mappa di Comunità di Castel del Giudice, strumento innovativo nato dalla collaborazione tra il Comune di Castel del Giudice e l’Università del Molise, nell’ambito del progetto Castel del Giudice Centro di (Ri)Generazione dell’Appennino, finanziato dal Ministero della Cultura – Bando Borghi Linea A.
Un lavoro corale di memoria e futuro.
A illustrare il percorso che ha portato alla realizzazione della mappa sono state la professoressa Letizia Bindi e le ricercatrici del Centro di (Ri)Generazione Michela Buonvino, Antonella Mancini e Luciana Petrocelli dell’Università degli Studi del Molise. Un lavoro che ha coinvolto non solo chi oggi vive a Castel del Giudice, ma anche la vasta comunità dei castellani all’estero, attraverso focus group che hanno fatto emergere “una nostalgia non restaurativa, ma capace di immaginare un futuro migliore per il paese”, come ha spiegato Michela Buonvino. La raccolta dei dati è avvenuta attraverso una somministrazione partecipata di questionari, e con il materiale raccolto e messo a disposizione degli abitanti. Luciana Petrocelli ha sottolineato come il lavoro abbia riguardato sia la parte anagrafica che quella identitaria, concentrandosi «non solo su immagini sedimentate, ma anche sull’impegno che avrebbe coinvolto la comunità nel processo di rigenerazione sociale e culturale».
Un archivio vivo e partecipativo.
Antonella Mancini ha guidato i presenti attraverso la struttura della mappa, concepita come strumento di ricerca interattivo da restituire alla comunità. Organizzata per aree tematiche, evidenzia gli elementi chiave del territorio attraverso un sistema cromatico. «La mappa è un archivio permanente ma in continua evoluzione, si può aggiornare», ha spiegato, sottolineando come il progetto miri a rafforzare il senso di appartenenza e incoraggiare il coinvolgimento della comunità. Letizia Bindi ha annunciato l’intenzione di inserire la mappa sul sito del Comune per renderla partecipativa in formato digitale: “Continuare il lavoro della memoria, che è stata vivace, con suggestioni e ricordi anche dai castellani fuori. L’intreccio tra la memoria di chi ha risieduto e chi risiede e dei visitatori potrebbe essere interessante per capire quali luoghi sono più attrattivi”.
Sostenibilità e replicabilità per la rigenerazione delle aree interne.
Particolarmente significativo l’intervento del sindaco Lino Gentile, che ha inquadrato la Mappa di Comunità all’interno di una visione strategica più ampia. «Il Ministero ci chiede: sarete capaci di attrarre nuovi abitanti? Sentiamo questa responsabilità, ma siamo fiduciosi di farcela e convinti, sia sulla tempistica che sull’efficacia» ha dichiarato. Il primo cittadino ha sottolineato come Castel del Giudice non possa contare su un singolo attrattore culturale, «e questo ci ha portato ad immaginare diverse azioni: sul sociale, il lavoro, le risorse sostenibili, la comunità energetica. Abbiamo già un piccolo hub digitale dove stiamo formando persone con la scommessa che in un piccolo comune si possa creare lavoro a distanza». Il sindaco ha poi affrontato il tema cruciale della sostenibilità, sulla necessità di provvedimenti che possano essere validi nel tempo. E si è poi concentrato sull’aspetto della “replicabilità”: «Il nostro progetto deve essere a disposizione degli altri, non per vanità ma per spirito di servizio. Avendo fatto un approfondimento culturale, vogliamo cominciare a raccogliere belle esperienze, studiarle e fare in modo che possano essere scambiate, e fare anche un elenco di errori da non commettere. Fare un catalogo delle migliori esperienze e studiarle dal punto di vista amministrativo, culturale, economico, antropologico». Con l’Università e il sistema di partner coinvolti, l’amministrazione ha pensato di costituire una Fondazione di partecipazione che possa ereditare l’Ufficio di Rigenerazione creato con una specifica governance all’interno della struttura comunale. «L’idea è di creare uno spin-off con la Fondazione che continua a svolgere attività e progettualità, nuove esperienze per Castel del Giudice e dare il contributo anche ad altri territori. Uno strumento per garantire la contaminazione con tutti coloro che continuano a condividere il nostro sforzo». Angelo Belliggiano, che ha moderato la prima sessione del workshop intitolata “Azioni”, ha sottolineato come Castel del Giudice abbia dato dimostrazione sul tema dell’azione. «Non solo sostenibilità ambientale, ma istituzionale, la possibilità di stabilire in maniera anticipata le possibilità di azione dopo il progetto del PNRR. Questo è un elemento di forza che costituisce un modello citato anche a livello nazionale».
Il workshop Biodiverso Culturale.
Dopo i saluti istituzionali della Direttrice Luisa Corazza del Centro ArIA, la prima sessione ha visto la partecipazione di studiosi, ricercatori e amministratori impegnati in processi di rigenerazione: Raffaello Fico (Ufficio Ricostruzione Comuni del Cratere), Luca Santilli (sindaco di Gagliano Aterno), Laura Cantarella (cooperativa di comunità “Viso a Viso” di Ostana), Paolo Coppari (Cantieri Mobili di storia, Marche), Augusto Ciuffetti (Università Politecnica delle Marche) e Rossano Pazzagli (Università del Molise). Durante le giornate è stata esposta la mostra fotografica “Quest’acqua che pensa”, a cura di Barbara Mercurio e Jacopo Trivisonno. Il lavoro, nato come alternativa alla restituzione classica del volume “Incontrarsi ai margini: partecipazione e valorizzazione nella valle del Fortore”, intreccia le traiettorie di giovani ricercatori dell’Università del Molise in un percorso fotografico autoriale che parte dagli scatti del fotografo molisano Lello Muzio, guardando al futuro del territorio del Fortore attraverso la lente multidisciplinare dell’antropologia, della geografia, della giurisprudenza e della storia dell’arte.
Durante il workshop, è stata presentata anche la mostra “Appenninica. Vita sociale degli oggetti”, realizzata dal collettivo artnografie composto da Letizia Bindi, Michela Buonvino, Antonella Mancini, Barbara Mercurio e Jacopo Trivisonno, che esplora il rapporto tra cultura materiale e identità territoriale nelle aree interne. La sessione “Immaginazioni”, moderata da Flavia Barca, ha coinvolto Alessandra Bonfanti (Legambiente), Mattia Iorillo (CISAV), Nella Rescigno (MAT), Francisco Navarrete e Andrés Gallardo (Collettivo L’Aquila Reale ETS), Antonella Struzzolino (Associazione Il Cavaliere di San Biase). Un evento che ha confermato come la cultura, quando radicata nei territori e condivisa dalle comunità, possa davvero diventare motore di trasformazione e speranza per l’Appennino.
L’iniziativa, organizzata dal Centro di ricerca BIOCULT dell’Università degli Studi del Molise in collaborazione con il Comune di Castel del Giudice, si inserisce nell’ambito delle attività previste dal progetto Centro di (Ri)Generazione di Castel del Giudice per l’attrattività culturale e turistica dei borghi – Linea A (Ministero della Cultura).





