di Giuseppe Zingarelli
La Scozia è da sempre annoverata tra i Paesi più affascinanti del mondo. La presenza di luoghi “incantevoli, tra cui la sua magnifica Capitale, Edimburgo, da sempre ispira e ubriaca di magia i suoi numerosissimi visitatori. In Scozia ogni castello, avvolto spesso dalla nebbia, sembra avere il suo fantasma che, legato a storie del passato, evoca antiche leggende medievali e affascinanti misteri, testimonianza delle continue guerre interne tra “Clan” e con la confinante Inghilterra. Le meravigliose architetture gotiche, i selvaggi e sublimi paesaggi, le coste frastagliate, il cielo cupo e colorato di grigio, “affollato” da nuvole minacciose, sono da secoli gli inebrianti ingredienti “naturali” della Scozia. Patria del “kilt” e del whiskey, nazione dalla cultura unica, qui l’inconfondibile profumo di antiche tradizioni si mescola alle “fatate” sonorità di uno strumento musicale irresistibile e magnetico alla vista: la cornamusa. Il simbolo senza tempo della Scozia. Legato all’antica ed ancestrale cultura celtica, il potente, vibrante, maestoso e solenne suono della cornamusa evoca atmosfere epiche, di grandissimo impatto emotivo e culturale, capaci di commuovere, esaltare e galvanizzare. La loro forma con bordoni e sacca conferisce uno ‘status’ quasi regale allo strumento unitamente ad una fortissima presenza scenica. La complessità tonica della cornamusa richiede fiato e costante coordinazione. Ciò aggiunge un ulteriore livello di rispetto per chi le padroneggia. Perfette per esaltare l’imponenza di paesaggi montuosi e storie di eroismo, esse si legano a riti, leggende e rievocazioni storiche dei territori scozzesi, tra i quali spiccano le Highlands, spettacolari terre alte del nord e dell’ovest, cuore e anima selvaggia della Scozia. Paradossalmente, la cornamusa, detta anche ‘Great Highland BagPipe’, non è nata in Scozia ma in Medio Oriente, Egitto o Grecia, diffondendosi poi in Europa. Presumibilmente giunse in Scozia intorno al XV secolo evolvendosi in seguito ad icona militare e simbolo nazionale. Grazie al vigoroso e possente suono che si distingueva nelle valli e nelle battaglie, la cornamusa divenne elemento fondamentale dell’identità gaelica, specialmente nei reggimenti britannici.
In Italia, non si direbbe, la cornamusa è uno strumento particolarmente stimato ed apprezzato.

Due piccoli borghi, uno in Lombardia l’altro in Molise, custodiscono secoli di storia e di tradizioni: Casnigo e Scapoli. Situato in Val Gandino, in provincia di Bergamo, a poca distanza dal capoluogo orobico, si incontra Casnigo, un paesino di circa 3.000 abitanti. È la patria del ‘Baghèt’, strumento della famiglia delle cornamuse, molto diffuso nelle valli della provincia bergamasca, bresciana e del Trentino Alto Adige. Uno strumento legato alle tradizioni agro-pastorali della bergamasca. Il ‘Baghèt’ è uno strumento antichissimo: giunse in Italia all’incirca nel 1300. Nel palazzo comunale di Casnigo si conservano antichi e meravigliosi strumenti a fiato appartenuti ai suonatori del passato. L’ ultimo erede del ‘Baghèt’ è stato Giacomo Ruggeri, denominato “Fagot”, nativo di Casnigo. Luciano Carminati, sindacalista in pensione, nativo di Casnigo, Presidente dell’Associazione del ‘Baghèt’, tra l’altro un eccellente suonatore della magica “Cornamusa orobica”, più completa e potente a livello sonoro rispetto alla zampogna, è il pronipote di Giacomo Ruggeri. Carminati suonava fino a poco tempo fa nella banda del paese, pur non avendo mai studiato musica: “Il ‘Baghèt’ è uno strumento a fiato, simile alla cornamusa scozzese, costituito da un sacco, detto ‘baga’, realizzato in pelle di capra o di pecora, poi sigillato e ricucito nel bordo inferiore. Il Baghèt, però, non va confuso con la cornamusa d’Oltremanica, nè con la zampogna. Nel ‘Baghèt’ i bordoni sono due, nelle cornamuse scozzesi e inglesi i bordoni, invece, sono tre. Per il resto cornamuse, baghèt e zampogne sono simili”. Luciano Carminati conferma la grande storicità del semplice ed elegante strumento a fiato bergamasco: “A Bergamo, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, si conserva un magnifico affresco, che è ‘L’ albero della vita’. L’ opera risale al 1347. Il suo autore è ignoto. Il dipinto occupa l’intera parete del transetto, a sud della chiesa. Ebbene, il nostro ‘baghèt’ appare nell’affresco. Ciò significa che, probabilmente, è anche più antico del 1347. ‘L’albero della vita’ rappresenta una delle più antiche testimonianze del suo uso e dimostra che, in origine, lo strumento si collocava anche in un contesto, diciamo così, ‘colto’, legandosi alle corti, come quella dei Colleoni, oltre ad essere in uso nel contesto popolare contadino”. Tre regioni del Sud Italia: Molise, Campania e Puglia.
Per cultura e tradizioni tre territori distanti dalla terra di William Wallace e di Sir Walter Scott, ma solo in apparenza. Le melodie antiche di un altro strumento, quasi “sorella” della cornamusa, evoca storiche tradizioni e grande folklore: la zampogna. Voce autentica dell’antica tradizione agro-pastorale del “Mezzogiorno”, presente nelle più svariate occasioni cerimoniali rurali e contadine, la zampogna, peraltro diffusa anche nella cultura musicale di molti Paesi europei, si rapporta a scenari lontanissimi dalla nostra epoca. Oggi, le melodie popolari suonate dagli zampognari, continuano ad animare le strade di borghi e città, annunciando la nascita di Gesù. Cornamuse, ‘Baghèt’, ‘Zampogne’, Pive e Ciaramelle sono strumenti che mantengono vivi un universo di antichissimi e ‘colorati’ repertori musicali contraddistinti da sonorità che aprono a suggestivi orizzonti culturali. In Campania, Molise e Puglia, per tradizione, la zampogna si rapporta alla millenaria storia della transumanza, antichissima pratica pastorale di migrazione stagionale di pecore e mucche che, tra pascoli di pianura e di montagna, garantiva al bestiame cibo fresco tutto l’anno, percorrendo antiche vie chiamate “tratturi”. Il suono delle zampogne è spesso accompagnato dalle ciaramelle, strumenti simili dal suono più acuto e perforante rispetto alla zampogna. Entrambe continuano ad esprimere l’identità culturale dell’artigianato musicale e dei canti natalizi dell’Italia centro-meridionale. La zampogna rappresenta il ponte tra la modernità e il mondo rurale e contadino, testimonianza di semplicità, credenze e melodie che si fondono armoniosamente, diventando parte integrante del Natale. La zampogna ha radici lontane. Risale all’epoca romana ed evoca riti pastorali legati al solstizio d’inverno. Riti che si perdono nella notte dei tempi. Antenato della zampogna è l’utriculus romano, suonato persino dall’imperatore Nerone. La zampogna, grazie alla sua struttura, otre, ance e canna, produce suoni unici, magici, deliziosi. Artigianato e liuteria ricordano che la costruzione di questo prezioso ed umile strumento a fiato è semplicemente un’arte tramandata da padre in figlio e che, per realizzare le zampogne, occorrono legni particolarmente pregiati. In Campania sono rinomati i maestri liutai di Sessa Aurunca, Colliano e Benevento. Iniziative spesso si verificano anche a Salerno.

Sono molteplici le sagre che celebrano la storia, la costruzione e l’uso della zampogna, coinvolgendo scuole di musica ed etnomusicologi. In Puglia, la costruzione e la tradizione della zampogna è radicata nelle aree interne del Gargano e dei Monti Dauni, come a Deliceto, dove nel 1754 Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, compose il famoso canto, “Tu scendi dalle stelle”. Indiscussa “Capitale italiana” della zampogna è Scapoli. Un suggestivo borgo medievale molisano, circa 600 abitanti, situato tra le Mainarde e la Valle del Volturno, in provincia di Isernia. Circondato da natura incontaminata e panorami mozzafiato, Scapoli ospita il Museo Internazionale della Zampogna, che espone in modo permanente una imponente varietà di cornamuse italiane e di altri Paesi europei. Come ha ricordato il Presidente del “Circolo della Zampogna”, Antonietta Caccia, attivissima nella promozione dello strumento aerofono a sacco pastorale, “la zampogna, sostanzialmente è cultura, storia, tradizione. È voce autentica che collega il passato al presente. I suoi suoni evocano visioni legate all’antichissima tradizione pastorale e contadina del nostro territorio, il Molise. È uno strumento antico ma allo stesso tempo, diciamo pure, attualissimo. La nostra associazione culturale, “Il Circolo della Zampogna”, alla fine del ’91 ha istituito a Scapoli il ‘Museo della Zampogna’, una mostra permanente dedicata alla storia di questo appassionante e coinvolgente strumento a fiato. La mostra è aperta tutto l’anno. Il nostro ‘Circolo’ ha promosso incontri che hanno richiamato a Scapoli numerosi cultori e appassionati della zampogna, favorendo anche la conoscenza del patrimonio culturale e naturalistico del Molise. Nel tempo abbiamo messo in atto anche numerose iniziative collegate a produzioni editoriali, multimediali e concertistiche che hanno creato opportunità di dibattito, confronto e momenti di grande convivialità. Continueremo a traghettare con entusiasmo la storia di questo strumento nel terzo millennio ed a raccontarla ai giovani delle nuove generazioni, molti dei quali stanno anche frequentando scuole di musica per imparare a suonarla a carpirne i segreti. La zampogna ha estimatori in tutta Italia e in molti altri Paesi d’Europa con i quali siamo in contatto, e questo, considerando i notevoli sforzi fin qui sostenuti, ci gratifica moltissimo”. La signora Caccia si sta battendo affinché la zampogna entri ufficialmente nel patrimonio dell’UNESCO. Nel panorama musicale internazionale, tra i brani più famosi suonati utilizzando la cornamusa, primeggia una celeberrima canzone composta da Paul McCartney, ex bassista dei Beatles: “Mull of Kintyre”. Il brano, semplice e melodico, è contenuto nel doppio album “London Town” dei Wings che, con la sua “title track”, fu pubblicato il 31 marzo 1978. “Mull of Kintyre” è un vero e proprio inno d’amore che Sir Paul dedicò alla Scozia per esprimere quanto amasse la bellezza di questo Paese e, in particolare, la bellezza della lunga penisola del Kintyre. Subito dopo la fine dei “Fab Four”, convenzionalemente datata 10 apre 1970, McCartney acquistò nel Kintyre una bellissima tenuta nella quale, spesso, amava rifugiarsi, lontano dalla frenetica vita londinese, per ritemprarsi e scrivere canzoni. La canzone fu realizzata con la partecipazione di una banda di cornamuse del Kintyre. In quel periodo l’ex Beatle suonava con i Wings, gruppo che egli stesso formò nel 1971 insieme alla sua prima moglie, Linda Eastman, scomparsa nel 1998. Nel 1978 anche un altro gruppo musicale francese, i Voyage, incise un 45 giri di successo, “Scotch Machine”, in cui spiccavano le sonorità delle cornamuse scozzesi. Nel 2011, anche il musicista spagnolo, Hevia, in un suo brano gradevole e ritmato, “Cornamusa”, si ispirò al tipico strumento scozzese. Anche i Rolling Stones utilizzarono questo strumento per dare un tocco celtico ad una loro canzone: “Jumping Jack Flash”.




