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Home»1. Categorie news»Attualità»Campobasso rivive la Passione di Cristo sulle note del Teco Vorrei. FOTO

Campobasso rivive la Passione di Cristo sulle note del Teco Vorrei. FOTO

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Di MoliseTabloid il 30 Marzo 2018 Attualità, Campobasso, In Primo Piano
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Ore 18.15. Via al tradizionale rito del Venerdì Santo di Campobasso. L’effige del Cristo defunto ha varcato la soglia della chiesa di Santa Maria della Croce, scortata dal lungo e corposo corteo fatto di centinaia di persone, che si muove sulle struggenti note del Teco Vorrei. Numerosi fedeli in strada e affacciati alle finestre dai palazzi lungo il percorso della processione pregano, partecipano e accompagnano il corpo di Gesù al suo ‘sepolcro’, seguito dallo sguardo piangente della Vergine Addolorata. La processione attraversa l’intero centro abitato, dal borgo storico al centro cittadino, con l’immancabile tappa della casa circondariale con la lettura della lettera del detenuto. E’ uno dei momenti dell’anno in cui la comunità di Campobasso ritrova la propria identità, si stringe intorno alle proprie radici culturali e religiose, facendo venir fuori uno spirito di profonda solidarietà ed amore caritatevole.

Ore 19. Quest’anno, grazie all’art. 21, la preghiera, viene letta dal detenuto pubblicamente, fuori dalle mura all’esterno della Casa Circondariale di Campobasso e non dall’interno della casa di reclusione. Al termine della preghiera e prima della Benedizione, l’arcivescovo di Campobasso–Boiano, S.E. Mons. GianCarlo Bregantini, pronuncia un breve messaggio alla città. L’impegno e la sinergia operativa del Direttore, il Comandante della Polizia Penitenziaria, i volontari, il personale area educativa, il vescovo, il cappellano e la pastorale carceraria, rendono possibile realizzare ogni anno la preparazione per la sosta della processione dell’Addolorata e Cristo Morto quale momento sociale, suggestivo e di forte condivisione per tutta la città. Di seguito il testo del Monologo e della Preghiera del detenuto. Il testo del monologo è ispirato e tratto dal libro di Qoèlet (Ecclesiaste) – Capitolo 3

Monologo che precede la preghiera del detenuto

Perché finalmente l’abbiamo imparato che c’è tempo soltanto se c’è un tempo, un tempo per ogni cosa. C’è un tempo per cambiare e un tempo per tornare gli stessi di sempre, un tempo per gli amori e un tempo per l’amore, un tempo per essere figli e un tempo per farli i figli, un tempo per volere una vita spericolata e un tempo per trovare un senso a questa vita che è anche l’unica che abbiamo. C’è un tempo per raccogliere tutte le sfide, un tempo per combattere tutte le battaglie, un tempo per fare la pace e un tempo per esigerla la pace. C’è un tempo per dire e un tempo per fare e non è detto che di mezzo debba esserci una barca, a volte basta uno sguardo a volte basta una scheda elettorale, c’è un tempo per innamorarsi prorogabile. C’è un tempo per ballare e un tempo per aspettare, un tempo per correre e un tempo per il silenzio e se c’è un tempo bellissimo per ricordare allora ce ne deve essere uno calmo per dimenticare ma senza perdere e senza perdersi. Perché se c’è un tempo per dormire e uno per morire forse, forse se siamo sempre stati bravi e attenti e continuiamo a tenere gli occhi spalancati, allora c’è forse c’è anche un tempo infinito per sognare…

PREGHIERA DEL DETENUTO

Cara Madonnina,
Ti preghiamo o Madre Nostra,
Tu che sei piena di bontà,
amore e misericordia aiuta tutti noi detenuti della Casa Circondariale di Campobasso,
a ritrovare un percorso di vita che ci permetta di vivere
in modo onesto e ritrovare il senso della vita.
Madonna nostra,
Tu che sei la Madre per eccellenza,
Tu che sai cos’è la sofferenza,
Ti chiediamo con l’umiltà nel cuore di esaudire i nostri desideri.
Proteggi tutti i nostri cari,
affinchè sentano sempre la Tua presenza nelle varie prove.
Noi ci offriamo a Te e desideriamo che Tu ci segua in ogni nostro passo.
Se per caso dimentichiamo o perdiamo la via della fede,
illuminaci e riconduci tutti noi a Tuo Figlio Gesù. AMEN

 

 

Discorso del Vescovo Bregantini davanti al carcere di Campobasso.

«Carissimi fratelli e sorelle, un nostro amico, fratello nel cammino di fede, ci ha rivolto un monito, sull’uso del tempo. Perché realmente, il tempo è medicina che guarisce le ferite. Come è avvenuto nel cuore di questo nostro amico. In questo tempo di dolore, in questo luogo di passione vera, qual è il carcere, lui ha maturato scelte nuove. Si è redento da uno stile perduto. Ha ritrovato la strada della speranza. E, brevemente, ha pregato la Vergine Maria, Addolorata per tutti noi, quando perdiamo tempo, quando non siamo capaci di discernere il tempo opportuno. Quando il tempo lo spendiamo male, in cose vane, sterili, ingiuste.
Per questo tento di cogliere nel famoso Inno che viene continuamente cantato, lungo la nostra città, nella processione quelle parole del “teco vorrei”, o signore…”. Mentre infatti viene paragonata la vita ad un mesto viaggio, dove noi siamo chiamati a seguire il Signore per portare la Croce con lui; allora, il canto ci pone davanti una preghiera, mesta e dolce insieme: “donami tu coraggio, acciò non m’abbia da smarrir!”.
Ecco, il grande rischio infatti è sempre quello di smarrirci! La fatica della croce è grande. L’insidia della seduzione e della fuga è incombente. La strada è in salita. Per le tante prove che avvolgono anche la nostra città. Ci sono davanti alcuni fatti tragici, che la VIA CRUCIS del 2 marzo scorso, lungo le strade suggestive e belle ma anche solitarie del centro storico, ci ha posto davanti. Con drammaticità. Specie alcuni casi di dolore, per i suicidi (ben tre, in poco tempo!) ed un caso di violenza fino alla uccisione del malcapitato! Unico caso di violenza così efferrata, che ho registrato in questi miei dieci anni di servizio presso di voi, carissimi! Per i quali, benedico sempre più il Signore. Ma anche prego e prego che voi preghiate per me!
E’ facile, allora, anche per noi, smarrirsi davanti a tante tragedie, come la droga, la movida, il gioco d’azzardo che rovina tante famiglie, la solitudine, i quartieri dimenticati!
Tre in particolare sono le insidie che ci fanno smarrire:
1.La mancanza di una meta, di un perché si soffre, la perdita di punti di riferimento, anche per la fragilità di proposte formative. Anche da parte della nostra chiesa locale, che deve investire di più in energie formative sui giovani. Quando manca il Cristo, quando manca un perché si perde il filo della vita. E’ infatti il filo che deve essere ricuperato. Se hai un filo, solido e robusto, tutte le perline della vita le raccogli in una unica collana. Anche le perline scheggiate o scure e imperfette. Senza il filo, invece, perdiamo tutto. Rilanciamo la forza educativa delle scuole. Della nostra Università, perla della città, ma che deve sempre di più confrontarsi con il territorio per diventare lievito fecondo.
2. E’ poi facile smarrirsi, quando dimentichiamo, cioè smarriamo le nostre radici. Cioè, il nostro passato. Se la meta apre le vele al vento, le radici rassodano il cuore! Cresca il gusto della storia, della passione per la ricerca. L’amore alle cose belle antiche, la gioia di studi, la passione per gli archivi. Tutto diventi un gradino per la speranza. Certo, curare le radici non deve diventare gelosa difesa di una identità che ci sembrerebbe messa in discussione da altre culture. Anzi, Papa francesco ci esorta ad aprirci a nuove presenze culturali. Innovative, che rendono più belle le nostre città. I nostri paesi, così fragili come popolazione! Per le tante, troppe culle vuote! Gli immigrati (certo meglio accolti e meglio valorizzati!) sono una risorsa. Come lo sono stati i popoli che lungo i secoli sono qui giunti dalla Croazia o dalla Albania. Hanno riattivato i paesi, nutrito campi, coltivato speranze. Così può e deve essere per noi, oggi. Con un cuore accogliente. Unica forza per non smarrirci, davanti al nuovo!
3. Ci smarriamo facilmente, poi quando siamo superficiali. Quando diamo spazio ai nostri capricci individualistici. Cioè, quando succede nelle nostre case, nelle nostre parrocchie, nelle nostre politiche…quando diminuisce la solidarietà! Mai senza l’altro. È lo slogan immediato ed efficace del nostro SINODO diocesano, che stiamo celebrando, tra rughe e perle! Andiamo più a fondo. Costruiamo su fondamenta solide. Oltre l’emotivo, oltre la pur grande bellezza emozionale di questa meravigliosa processione. Che ci tiene uniti, che ci plasma nella solidarietà del “Teco , con te, o Signore, vorrei portare la croce”. Insieme.
Per questo è necessario avere uno sguardo grande anche per le prossime elezioni reginali. Appuntamento importante, vitale. Per parte nostra, come tutti e quattro i Vescovi del Molise, sentiamo di poter indicare alcune priorità, che abbiamo raccolto in un decalogo, che ruota attorno alle aree interne, per un rilancio, di reciproco intreccio nella crescita! Con i giovani coinvolti, le strade curate, le chiese abbellite come fonte di turismo attrattivo, la salute curata con una vera prossimità, le nostre aziende difese ed accresciute tramite il gusto della “tipicità”. Vorremmo dialogare su questo decalogo con tutti i candidati, già venerdì prossimo, in un incontro di forte reciproco ascolto e progettualità.
Mai un popolo senza la politica. E mai una Politica senza il popolo. Cioè, un cammino con quel “noi” che è l’unica forza che ci permette di non “smarrirci”.
Se saremo uniti, cuore a cuore, pur nella diversità culturale e sociale, se sentiremo nostre le lacrime delle nostre mamme, allora non ci smarriremo mai più. Perché sentiremo che anche questa processione ci ridarà quel “coraggio” che ora invochiamo. Con fiducia, ad iniziare dai nostri fratelli, qui ristretti, maestri di un tempo nuovo, per un cuore nuovo. Amen!»

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