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Ricorrenza 55°anniversario istituzione della Regione Molise, Toma” Difendere l’autonomia”

Sanità, Toma: ‘Costruiremo due nuovi ospedali’. Ma resta il ‘nodo’ commissario
27 Dicembre 2018
in 1. Categorie news, Attualità, Campobasso, In Primo Piano
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«La ricorrenza del 55° anniversario dell’istituzione della Regione Molise impone di fare alcune riflessioni sull’attualità del regionalismo calato nella dimensione di una piccola regione, qual è appunto il Molise, e di interrogarci su quale futuro possa avere l’autonomia del nostro territorio nel contesto di nuove dinamiche di cambiamento in cui sembrano prevalere le spinte verso un regionalismo differenziato, un modello in cui ciascuna regione, ritagliandosi uno spazio di autonomia rispetto alla centralismo dello Stato, tende ad autodeterminarsi su materie specifiche e, nella forma rafforzata, anche sotto l’aspetto finanziario.
C’è una frase attribuita a Napoleone Bonaparte: “L’indipendenza, come l’onore, è un’isola rocciosa senza spiagge”. L’aforisma sottolinea le responsabilità a cui si è assoggettati per mantenere la condizione di autonomia e, quindi, i sacrifici che bisogna mettere in campo per non “precipitare a mare”. Se poi trasliamo questo concetto al Molise e alla condizione di autonomia regionale ascrittale 55 anni or sono da una norma costituzionale, dobbiamo necessariamente introdurre un’altro elemento, quello di solidarietà estrinsecata a livello costituzionale nell’art. 119, comma 3, vale a dire il fondo perequativo.
Ne consegue che una regione può dirsi sostanzialmente autonoma quando, se in disequilibrio finanziario, può utilizzare anche in misura adeguata la perequazione nazionale ed, eventualmente, europea.
Non bisogna prescindere da questo aspetto, nel senso che ove mai il regionalismo differenziato fosse finalizzato a ridurre l’apporto e la solidarietà delle regioni a saldo finanziario particolarmente elevato in misura tale da provocare la riduzione della loro maggiore capacità contributiva al fondo perequativo, allora si dovrebbe parlare di ‘autonomismo, ovvero di ‘federalismo’, ma non era questo lo spirito dei padri costituenti, i quali pensavano che la solidarietà nazionale dovesse contribuire a ridurre il gap tra regioni e, in special modo, tra le regioni del Nord e quelle del Sud.
Ma l’autonomia è, al di là della capacita di autofinanziarsi, una condizione culturale: condivisione di tradizioni, comunanza di rapporti commerciali, annessi storici e linguistici. Lo Stato deve avere come obiettivo, a garanzia dell’unità nazionale, la tutela di queste autonomie, la coesione e lo sviluppo armonico dei suoi territori.
Dobbiamo, però, chiederci: abbiamo il dovere di contribuire al mantenimento della nostra autonomia o pensiamo che sia una condizione che ci spetta di diritto? E ancora: è forse tempo di ripensare ai nostri confini, e non solo geografici?
Domande la cui risposta può essere così sintetizzata: un popolo è tale se si comporta da popolo, al di là dei protagonismi, degli individualismi e del presenzialismo, al di là delle istanze prettamente individuali. Ognuno ha il dovere di assumere il ruolo che le regole sociali gli attribuisce: i sindacati tutelano i diritti dei lavoratori, le associazioni datoriali le esigenze degli imprenditori, le associazioni di consumatori i diritti degli associati e cosi via in un dialogo costruttivo che non miri a screditare il ruolo delle istituzioni ma piuttosto lo rafforzi supportandole quando necessario o criticandole quando opportuno. Se siamo in grado di fare ciò, riceveremo rispetto dai nostri interlocutori nazionali ed europei, perché è fuori dal Molise che si decidono le sue sorti ed è, quindi, fuori regione che va ricercato il proprio peso istituzionale.
Chi in questi giorni, con un’operazione di amarcord nostalgica, cerca di far passare l’idea che solo nel passato sia esistita una classe dirigente in grado di programmare e guidare lo sviluppo del Molise, dimentica che il quadro economico di riferimento era del tutto diverso ma, soprattutto, non considera, o non vuole considerare, che oggi il Molise sconta una situazione di svantaggio causata anche dalla miopia programmatica del passato e dall’incertezza dell’attuale contesto politico-economico europeo e nazionale, fattori questi che hanno contribuito a determinare situazioni di crisi nella sanità, nel tessuto produttivo e in altri settori nevralgici della nostra economia.
Chiarito ciò, riteniamo che il Molise abbia delle carte importanti da giocarsi e che potrebbe ribaltare lo svantaggio in vantaggio. Ci riferiamo alla bassa densità di popolazione, alle eccellenze enogastronomiche e culturali da preservare e valorizzare, alle oasi naturalistiche e ai paesaggi di spiccato interesse ambientale, alle enormi risorse idriche che servono anche le regioni limitrofe.
Ma perché ciò sia possibile, è necessario lavorare a sostegno di un progetto di regionalismo o di federalismo compensativo, nel senso che lo Stato centrale e le altre regioni più ricche debbono, in via preliminare, mettere in condizioni le regioni come il Molise di elevarsi al rango infrastrutturale delle altre regioni e, segnatamente, di quelle del Nord.
A tal riguardo, riteniamo vada varata una stagione di interventi straordinari per il Molise e per il Sud in termini non tanto di assegnazione di finanziamenti, quanto di attivazione degli interventi già assegnati.
I punti cardine di questa nuova stagione sono lo snellimento della burocrazia e la riduzione dei livelli di controllo, che ritardano enormemente l’utilizzo dei fondi sia europei che statali; il maggiore utilizzo delle procedure negoziate di assegnazione dei lavori pubblici; la rapida erogazione dei fondi pubblici una volta assegnati alle imprese; la formazione professionale continua dei dipendenti pubblici; la maggiore attribuzione della quota di fondo perequativo non attribuito esclusivamente su parametri demografici.
Insomma, immaginiamo una stagione di snellezza delle procedure e di rapidità degli interventi finanziari, accanto a maggiori e più diffuse competenze dei pubblici funzionari.
Fatte salve queste condizioni, potrà utilmente parlarsi di regionalismo differenziato.
Certo, nelle more che si compia tutto ciò e sempreché accada, non possiamo stare con le mani in mano. Quello che occorre fare, e che stiamo facendo a livello di Conferenza delle Regioni ma anche in Europa con i progetti di cooperazione, è trovare partner con cui fare percorsi condivisi. Solo così potremo evitare che il macroregionalismo cancelli questi cinquantacinque anni di autonomia».
L’intervento del presidente Toma in occasione del 55° anniversario dell’istituzione della Regione Molise.

In occasione del 55° anniversario dell’Istituzione della Regione Molise, il Presidente del Consiglio Regionale, Salvatore Micone, ha dichiarato:
“Il 27 dicembre del 1963 veniva promulgata la legge costituzionale che istituiva la Regione Molise. La proposta del senatore Giuseppe Magliano di Larino, fu sostenuta dai parlamentari provenienti dal territorio molisano e vide l’impegno diretto, tra gli altri, dello statista democristiano Aldo Moro. Frutto di un lavoro lungo, complesso e difficile, il ridisegno della geografia regionale del paese, il primo e l’unico mai riuscito nella storia repubblicana, rappresentò la conquista non solo di un’autonomia amministrativa di un territorio ma anche un suo riscatto morale. Una classe politica, di diverse colorazioni, ma unita sotto il vessillo della difesa di una storia millenaria e spinta dalla voglia di costruire un futuro possibile per questo lembo del paese, allora tra i più poveri della penisola, seppe farsi ascoltare dai grandi partiti, facendosi valere al punto da riuscire a portare a termine un’operazione istituzionale e di azione parlamentare enorme. Un’azione che era sostenuta dai sindaci, dal mondo della cultura e da quello delle professioni, del commercio, dell’agricoltura e del lavoro in generale che fin dagli anni venti avevano iniziato un percorso finalizzato al riconoscimento di un’entità territoriale omogenea. Percorso che aveva trovato varie opposizioni fino a quella della Costituente, ma che vide poi un epilogo positivo nel 1963. Riuscì al piccolo Molise, e alla sua “agguerrita” classe dirigente, ciò che non fu permesso ad altre aree di ben più forza socio-politica ed economica del paese. Non si trattò solo della separazione dall’Abruzzo, in verità le regioni, così come volute dalla Costituzione, non avevano ancora iniziato il loro percorso istituzionale. L’antico “contado di Molise” era nelle competenze territoriali di istituzioni che avevano sede oltre che a Roma, in Campania, nella Puglia, nell’Abbruzzo e alcune addirittura nelle Marche. Il primo effetto dell’autonomia fu proprio la presenza sul territorio delle sedi delle istituzioni statali che avevano competenze su molte materie. Ciò generò evidentemente meno disagi per le attività del tessuto socio-economico nell’interlocuzione con lo Stato, ma creò anche di rimando una vasta offerta di lavoro e di opportunità fino ad allora insperata. L’avvio dell’attività amministrativa e legislativa regionale inizia realmente dal 1970 con l’elezione del primo Consiglio reginale. Si comincia nella nuova casa istituzionale e politica dei molisani a parlare di uno sviluppo territoriale che parta dalle peculiarità della popolazione e della vocazione delle diverse aree, per giungere ad una visione di sviluppo coerente con le possibilità offerte dalle diverse strutture socio-economiche della ventesima regione d’Italia. Da allora tanta strada è stata fatta, si sono certamente commessi vari errori, ma si è sicuramente portato questo territorio che denunciava uno dei PIL più bassi d’Italia e del Mezzogiorno, ad una realtà che tiene il passo, pur con difficoltà, con le aree del centro Italia. Certo ci sono molti problemi da affrontare, siamo reduci da una crisi economica che ha fatto danni enormi, ma è giusto chiedersi, se non avessimo avuto l’autonomia regionale come avremmo affrontato le tempeste finanziarie e i vari disastri naturali verificatisi in questi anni, da sperduta periferia abbandonata di tante regioni. Molti, e con diverse ragioni, hanno in questi anni messo in discussione l’opportunità di scegliere la strada di una regione autonoma, guardando allo sviluppo di regioni limitrofe; lo si può comprendere, ma è bene ricordarsi che il Molise era parte residuale di periferie, esso era storicamente assestante, mal collegato con la stessa L’Aquila, e doveva, questo fu il ragionamento de nostri “antenati” politici, immaginare un percorso autonomo confacente alla propria cultura, storia e conformazione morfologica e demografica. Oggi quell’autonomia duramente conquistata è messa in discussione con i commissariamenti della sanità, con i trasferimenti estemporanei e determinati da razionalizzazioni sconsiderate delle direzioni regionali e provinciali di importanti istituzioni dello Stato e con i sempre più frequenti tagli di risorse e di trasferimenti in ossequio alla logica dei numeri. Dobbiamo partire proprio

da questo giorno, che è la Festa di tutti i molisani che vivono nel nostro territorio e in giro per
il mondo, per rifarci all’entusiasmo e al coraggio dei nostri “antenati” politici che riuscirono con
la tenacia sannita in un’operazione di architettura istituzionale e politica improvabile se non
impossibile, e lottare per i diritti di questa terra, per l’affermazione dei principi costituzionali di
solidarietà e sussidiarietà verticale e orizzontale, per servizi proporzionati alla nostra
morfologia e alla demografia. Una battaglia difficile che però deve essere combattuta con unità
di intenti tra le forze politiche le quali certamente possono dividersi per la “ricetta” da attuare
per lo sviluppo, ma ogni ricetta ha bisogno di ingredienti per essere realizzata e gli ingredienti
istituzionali sono l’autonomia formale e sostanziale della Regione. Diversamente rischiamo di
tornare ad essere periferia abbandonata di realtà più grandi e storicamente e identitariamente
già definite da secoli. Auguri dunque a tutti i cittadini molisani, auguri a tutti i loro
rappresentanti politici di ogni schieramento, auguri alle aziende e ai loro lavoratori che con
tenacia restano ad operare in questa terra, auguri al mondo della scuola che deve formare i
nostri giovani e renderli degni della storia millenaria del luogo in cui sono nati, auguri ai nostri
corregionali che sono dovuti andare a lavorare all’estero ma che hanno lasciato il cuore in
questi nostri borghi, auguri ai nostri anziani che ci hanno donato una realtà migliore di con loro
l’avevano trovata, con l’auspicio che tutti insieme potremo rinnovare l’impegno a lavorare per
questo nostro amato Molise”.

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Ricorrenza 55°anniversario istituzione della Regione Molise, Toma” Difendere l’autonomia”

Sanità, Toma: ‘Costruiremo due nuovi ospedali’. Ma resta il ‘nodo’ commissario
27 Dicembre 2018
in 1. Categorie news, Attualità, Campobasso, In Primo Piano
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«La ricorrenza del 55° anniversario dell’istituzione della Regione Molise impone di fare alcune riflessioni sull’attualità del regionalismo calato nella dimensione di una piccola regione, qual è appunto il Molise, e di interrogarci su quale futuro possa avere l’autonomia del nostro territorio nel contesto di nuove dinamiche di cambiamento in cui sembrano prevalere le spinte verso un regionalismo differenziato, un modello in cui ciascuna regione, ritagliandosi uno spazio di autonomia rispetto alla centralismo dello Stato, tende ad autodeterminarsi su materie specifiche e, nella forma rafforzata, anche sotto l’aspetto finanziario.
C’è una frase attribuita a Napoleone Bonaparte: “L’indipendenza, come l’onore, è un’isola rocciosa senza spiagge”. L’aforisma sottolinea le responsabilità a cui si è assoggettati per mantenere la condizione di autonomia e, quindi, i sacrifici che bisogna mettere in campo per non “precipitare a mare”. Se poi trasliamo questo concetto al Molise e alla condizione di autonomia regionale ascrittale 55 anni or sono da una norma costituzionale, dobbiamo necessariamente introdurre un’altro elemento, quello di solidarietà estrinsecata a livello costituzionale nell’art. 119, comma 3, vale a dire il fondo perequativo.
Ne consegue che una regione può dirsi sostanzialmente autonoma quando, se in disequilibrio finanziario, può utilizzare anche in misura adeguata la perequazione nazionale ed, eventualmente, europea.
Non bisogna prescindere da questo aspetto, nel senso che ove mai il regionalismo differenziato fosse finalizzato a ridurre l’apporto e la solidarietà delle regioni a saldo finanziario particolarmente elevato in misura tale da provocare la riduzione della loro maggiore capacità contributiva al fondo perequativo, allora si dovrebbe parlare di ‘autonomismo, ovvero di ‘federalismo’, ma non era questo lo spirito dei padri costituenti, i quali pensavano che la solidarietà nazionale dovesse contribuire a ridurre il gap tra regioni e, in special modo, tra le regioni del Nord e quelle del Sud.
Ma l’autonomia è, al di là della capacita di autofinanziarsi, una condizione culturale: condivisione di tradizioni, comunanza di rapporti commerciali, annessi storici e linguistici. Lo Stato deve avere come obiettivo, a garanzia dell’unità nazionale, la tutela di queste autonomie, la coesione e lo sviluppo armonico dei suoi territori.
Dobbiamo, però, chiederci: abbiamo il dovere di contribuire al mantenimento della nostra autonomia o pensiamo che sia una condizione che ci spetta di diritto? E ancora: è forse tempo di ripensare ai nostri confini, e non solo geografici?
Domande la cui risposta può essere così sintetizzata: un popolo è tale se si comporta da popolo, al di là dei protagonismi, degli individualismi e del presenzialismo, al di là delle istanze prettamente individuali. Ognuno ha il dovere di assumere il ruolo che le regole sociali gli attribuisce: i sindacati tutelano i diritti dei lavoratori, le associazioni datoriali le esigenze degli imprenditori, le associazioni di consumatori i diritti degli associati e cosi via in un dialogo costruttivo che non miri a screditare il ruolo delle istituzioni ma piuttosto lo rafforzi supportandole quando necessario o criticandole quando opportuno. Se siamo in grado di fare ciò, riceveremo rispetto dai nostri interlocutori nazionali ed europei, perché è fuori dal Molise che si decidono le sue sorti ed è, quindi, fuori regione che va ricercato il proprio peso istituzionale.
Chi in questi giorni, con un’operazione di amarcord nostalgica, cerca di far passare l’idea che solo nel passato sia esistita una classe dirigente in grado di programmare e guidare lo sviluppo del Molise, dimentica che il quadro economico di riferimento era del tutto diverso ma, soprattutto, non considera, o non vuole considerare, che oggi il Molise sconta una situazione di svantaggio causata anche dalla miopia programmatica del passato e dall’incertezza dell’attuale contesto politico-economico europeo e nazionale, fattori questi che hanno contribuito a determinare situazioni di crisi nella sanità, nel tessuto produttivo e in altri settori nevralgici della nostra economia.
Chiarito ciò, riteniamo che il Molise abbia delle carte importanti da giocarsi e che potrebbe ribaltare lo svantaggio in vantaggio. Ci riferiamo alla bassa densità di popolazione, alle eccellenze enogastronomiche e culturali da preservare e valorizzare, alle oasi naturalistiche e ai paesaggi di spiccato interesse ambientale, alle enormi risorse idriche che servono anche le regioni limitrofe.
Ma perché ciò sia possibile, è necessario lavorare a sostegno di un progetto di regionalismo o di federalismo compensativo, nel senso che lo Stato centrale e le altre regioni più ricche debbono, in via preliminare, mettere in condizioni le regioni come il Molise di elevarsi al rango infrastrutturale delle altre regioni e, segnatamente, di quelle del Nord.
A tal riguardo, riteniamo vada varata una stagione di interventi straordinari per il Molise e per il Sud in termini non tanto di assegnazione di finanziamenti, quanto di attivazione degli interventi già assegnati.
I punti cardine di questa nuova stagione sono lo snellimento della burocrazia e la riduzione dei livelli di controllo, che ritardano enormemente l’utilizzo dei fondi sia europei che statali; il maggiore utilizzo delle procedure negoziate di assegnazione dei lavori pubblici; la rapida erogazione dei fondi pubblici una volta assegnati alle imprese; la formazione professionale continua dei dipendenti pubblici; la maggiore attribuzione della quota di fondo perequativo non attribuito esclusivamente su parametri demografici.
Insomma, immaginiamo una stagione di snellezza delle procedure e di rapidità degli interventi finanziari, accanto a maggiori e più diffuse competenze dei pubblici funzionari.
Fatte salve queste condizioni, potrà utilmente parlarsi di regionalismo differenziato.
Certo, nelle more che si compia tutto ciò e sempreché accada, non possiamo stare con le mani in mano. Quello che occorre fare, e che stiamo facendo a livello di Conferenza delle Regioni ma anche in Europa con i progetti di cooperazione, è trovare partner con cui fare percorsi condivisi. Solo così potremo evitare che il macroregionalismo cancelli questi cinquantacinque anni di autonomia».
L’intervento del presidente Toma in occasione del 55° anniversario dell’istituzione della Regione Molise.

In occasione del 55° anniversario dell’Istituzione della Regione Molise, il Presidente del Consiglio Regionale, Salvatore Micone, ha dichiarato:
“Il 27 dicembre del 1963 veniva promulgata la legge costituzionale che istituiva la Regione Molise. La proposta del senatore Giuseppe Magliano di Larino, fu sostenuta dai parlamentari provenienti dal territorio molisano e vide l’impegno diretto, tra gli altri, dello statista democristiano Aldo Moro. Frutto di un lavoro lungo, complesso e difficile, il ridisegno della geografia regionale del paese, il primo e l’unico mai riuscito nella storia repubblicana, rappresentò la conquista non solo di un’autonomia amministrativa di un territorio ma anche un suo riscatto morale. Una classe politica, di diverse colorazioni, ma unita sotto il vessillo della difesa di una storia millenaria e spinta dalla voglia di costruire un futuro possibile per questo lembo del paese, allora tra i più poveri della penisola, seppe farsi ascoltare dai grandi partiti, facendosi valere al punto da riuscire a portare a termine un’operazione istituzionale e di azione parlamentare enorme. Un’azione che era sostenuta dai sindaci, dal mondo della cultura e da quello delle professioni, del commercio, dell’agricoltura e del lavoro in generale che fin dagli anni venti avevano iniziato un percorso finalizzato al riconoscimento di un’entità territoriale omogenea. Percorso che aveva trovato varie opposizioni fino a quella della Costituente, ma che vide poi un epilogo positivo nel 1963. Riuscì al piccolo Molise, e alla sua “agguerrita” classe dirigente, ciò che non fu permesso ad altre aree di ben più forza socio-politica ed economica del paese. Non si trattò solo della separazione dall’Abruzzo, in verità le regioni, così come volute dalla Costituzione, non avevano ancora iniziato il loro percorso istituzionale. L’antico “contado di Molise” era nelle competenze territoriali di istituzioni che avevano sede oltre che a Roma, in Campania, nella Puglia, nell’Abbruzzo e alcune addirittura nelle Marche. Il primo effetto dell’autonomia fu proprio la presenza sul territorio delle sedi delle istituzioni statali che avevano competenze su molte materie. Ciò generò evidentemente meno disagi per le attività del tessuto socio-economico nell’interlocuzione con lo Stato, ma creò anche di rimando una vasta offerta di lavoro e di opportunità fino ad allora insperata. L’avvio dell’attività amministrativa e legislativa regionale inizia realmente dal 1970 con l’elezione del primo Consiglio reginale. Si comincia nella nuova casa istituzionale e politica dei molisani a parlare di uno sviluppo territoriale che parta dalle peculiarità della popolazione e della vocazione delle diverse aree, per giungere ad una visione di sviluppo coerente con le possibilità offerte dalle diverse strutture socio-economiche della ventesima regione d’Italia. Da allora tanta strada è stata fatta, si sono certamente commessi vari errori, ma si è sicuramente portato questo territorio che denunciava uno dei PIL più bassi d’Italia e del Mezzogiorno, ad una realtà che tiene il passo, pur con difficoltà, con le aree del centro Italia. Certo ci sono molti problemi da affrontare, siamo reduci da una crisi economica che ha fatto danni enormi, ma è giusto chiedersi, se non avessimo avuto l’autonomia regionale come avremmo affrontato le tempeste finanziarie e i vari disastri naturali verificatisi in questi anni, da sperduta periferia abbandonata di tante regioni. Molti, e con diverse ragioni, hanno in questi anni messo in discussione l’opportunità di scegliere la strada di una regione autonoma, guardando allo sviluppo di regioni limitrofe; lo si può comprendere, ma è bene ricordarsi che il Molise era parte residuale di periferie, esso era storicamente assestante, mal collegato con la stessa L’Aquila, e doveva, questo fu il ragionamento de nostri “antenati” politici, immaginare un percorso autonomo confacente alla propria cultura, storia e conformazione morfologica e demografica. Oggi quell’autonomia duramente conquistata è messa in discussione con i commissariamenti della sanità, con i trasferimenti estemporanei e determinati da razionalizzazioni sconsiderate delle direzioni regionali e provinciali di importanti istituzioni dello Stato e con i sempre più frequenti tagli di risorse e di trasferimenti in ossequio alla logica dei numeri. Dobbiamo partire proprio

da questo giorno, che è la Festa di tutti i molisani che vivono nel nostro territorio e in giro per
il mondo, per rifarci all’entusiasmo e al coraggio dei nostri “antenati” politici che riuscirono con
la tenacia sannita in un’operazione di architettura istituzionale e politica improvabile se non
impossibile, e lottare per i diritti di questa terra, per l’affermazione dei principi costituzionali di
solidarietà e sussidiarietà verticale e orizzontale, per servizi proporzionati alla nostra
morfologia e alla demografia. Una battaglia difficile che però deve essere combattuta con unità
di intenti tra le forze politiche le quali certamente possono dividersi per la “ricetta” da attuare
per lo sviluppo, ma ogni ricetta ha bisogno di ingredienti per essere realizzata e gli ingredienti
istituzionali sono l’autonomia formale e sostanziale della Regione. Diversamente rischiamo di
tornare ad essere periferia abbandonata di realtà più grandi e storicamente e identitariamente
già definite da secoli. Auguri dunque a tutti i cittadini molisani, auguri a tutti i loro
rappresentanti politici di ogni schieramento, auguri alle aziende e ai loro lavoratori che con
tenacia restano ad operare in questa terra, auguri al mondo della scuola che deve formare i
nostri giovani e renderli degni della storia millenaria del luogo in cui sono nati, auguri ai nostri
corregionali che sono dovuti andare a lavorare all’estero ma che hanno lasciato il cuore in
questi nostri borghi, auguri ai nostri anziani che ci hanno donato una realtà migliore di con loro
l’avevano trovata, con l’auspicio che tutti insieme potremo rinnovare l’impegno a lavorare per
questo nostro amato Molise”.

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