Regionali, Besostri: ‘In Molise rappresentanza democratica a rischio’

“Chiediamo che il Consiglio regionale si riunisca al più presto per l’abrogazione o la modifica della legge elettorale e indica le consultazioni nella data del 4 marzo. Se non sarà rispettato l’election day, ci sarà l’ennesimo spreco di denaro pubblico, nella misura di un milione di euro di fondi propri della Regione, che graverà sui cittadini”. Lo ha detto il presidente del Consiglio comunale di Campobasso, Michele Durante, che ha presieduto l’incontro pubblico dal titolo “La via incostituzionale delle leggi elettorali: dal Porcellum alla legge regionale del Molise” nella sala consiliare di Palazzo San Giorgio cui hanno partecipato il senatore dei Socialisti in Movimento, Felice Besostri, coordinatore degli Avvocati Antitalikum, le cui azioni legali hanno portato a 22 ricorsi di 5 approdati in Corte Costituzionale contro la legge elettorale Italicum (n. 52/2015) che il 25 gennaio del 2017 ha accolto l’annullamento del premio di maggioranza in seguito a ballottaggio con la sentenza n. 35/2017; il dottor Michele Barone, componente del comitato “Uniti per la Costituzione” e il parlamentare socialista, Angelo Sollazzo. “Da Campobasso – ha continuato il presidente dell’assise civica del capoluogo di regione – parte il ricorso per adesione alla Corte Costituzionale contro la legge elettorale nazionale conosciuta con il nome di ‘Rosatellum’ ed è ormai pronto anche quello contro la legge elettorale regionale a firma dell’avvocato Balducci più altri”. Riguardo alle prossime consultazioni politiche, il senatore Besostri ha sottolineato come “le elezioni che si svolgono con la terza legge elettorale incostituzionale hanno un solo destino: non produrre delle maggioranze omogenee ed essere dichiarati incostituzionali. I due fattori combinati produrranno nuove elezioni anticipate, quando piacerà al Presidente della Repubblica. La situazione del Molise è veramente particolare perché il voto dei molisani non è uguale a quello degli altri italiani. Solo nel Molise alla Camera, i collegi uninominali sono il doppio di quello plurinominale (2 a 1) invertendo il rapporto in generale che è di 1 a 2”. Per quanta riguarda la legge elettorale molisana, Besostri ha sottolineato che “pur essendo la più giovane legge elettorale regionale, riesce ad ignorare le sentenze n. 15 e 16 del 2008 e la sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale perché il premio di maggioranza è attribuito alla lista o alle liste in coalizione collegate con il candidato presidente più votato, a prescindere da ogni percentuale minima in voti o in seggi. Il premio di maggioranza – ha proseguito – è inoltre eccessivo ed è comunque attribuito nella misura minima di 12 consiglieri su 20 indipendentemente dalla percentuale dei voti ottenuti dal candidato presidente o dalla lista o dalle liste collegate al presidente. Nella maggioranza delle regioni il premio è pari al 60% dei seggi solo se il candidato presidente supera il 40% dei voti validi. Per di più – ha incalzato – il premio non garantisce la maggioranza perché l’art. 19.1 Statuto stabilisce il divieto di mandato imperativo, quindi i consiglieri eletti grazie al premio di maggioranza non hanno alcun obbligo di votare per il Presidente, di non proporre la mozione di sfiducia o di votarla”. Besostri ha infine concluso denunciando che l’attuale legge regionale del Molise viola l’articolo 48 della Costituzione per cui il voto non è uguale: “Per concorrere all’attribuzione di seggi una lista in coalizione basta che raggiunga il 3% dei voti validi, anzi due di esse hanno garantito un seggio, quando il quoziente naturale intero per averlo è il 4,7% (100:21), mentre una lista non coalizzata deve avere almeno il 10% per l’art. 11.5 della legge regionale numero 20/2017. Si tratta di un ricorso inedito che si fonda sul fatto che la Costituzione italiana – ha concluso Besostri – e solo quella italiana è l’unica in cui viene detto chiaramente che la sovranità, non discende ma, appartiene al popolo, e se uno esercita la sovranità deve essere un potere dello Stato”. Il dottor Michele Barone, già portavoce dei comitato per il NO al referendum costituzionale, ha evidenziato che “le riforme elettorali degli ultimi anni si sono fondate sull’esaltazione del ruolo del capo e le sentenze della Consulta 1/2014 e 35/2017, che hanno dichiarato incostituzionali il Porcellum e l’Italicum, hanno sancito che il premio di maggioranza non deve essere assegnato se la lista o la coalizione che arrivano prime non raggiungono una certa soglia perché in questo modo si vìola il comma 2 dell’articolo 48 della Costituzione che afferma l’egualità del voto”. Sulla legge elettorale regionale, Barone ha rilevato che “è stato abolito il voto disgiunto; la soglia di sbarramento per la lista non coalizzata del 10% è troppo elevata considerando che per le liste coalizzate è appena del 3% e circa 25mila cittadini non verrebbero rappresentati con questa differenza di sbarramento; è stato introdotto il collegio unico che, a ridosso delle elezioni, non dà la possibilità al candidato di farsi conoscere sul territorio e ai cittadini di conoscerlo e si favorisce così il consigliere uscente che ha avuto 5 anni per girare l’intera regione”. Infine, il parlamentare dei Socialisti in Movimento, Angelo Sollazzo, si è concentrato per lo più sull’aspetto politico della legislatura appena trascorsa “con un governo che si è detto di sinistra e ha fatto politiche di destra copiando e attuando il programma di Berlusconi”. In particolare “non può essere di sinistra abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, approvare il Jobs Act che recepisce quasi integralmente le proposte di Confindustria e favorire soltanto le grandi imprese come la Fiat di Marchionne. Alle prossime elezioni – ha concluso Sollazzo – i Socialisti ci saranno sia se dovessero confluire nella lista unica di sinistra sia da soli perché la politica italiana non può rimanere senza una cultura storica come quella socialista che si è rivolta ai molti e non ai pochi al contrario delle ultime politiche liberiste portate avanti dai vari governi”.

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