Bardati dalla testa ai piedi, ricoperti di bianco su quasi ogni centimetro del loro corpo. Come angeli senza ali si muovono in silenzio. L’abitazione è quella, pensano, è ora di andare a fare il nostro dovere. Dall’auto dell’Asrem, parcheggiata lungo una strada del centro di Campobasso e fornita di tutto il necessario, tirano fuori guanti e grembiuli. Sono circa le 13, le temperature sono più che gradevoli, ma i giovani medici dell’Unità Speciale di Continuità Assistenziale non possono permettersi di incontrare i pazienti contagiati dal Covid-19 con una semplice camicia o con una t-shirt, e non è solo una questione di estetica professionale. Ci sono delle misure precise di prevenzione da seguire. Persino i piedi devono essere ben coperti, trasformando le loro scarpe in una specie di buffe pantofole.
Le caviglie vengono incerottate, non deve passare un filo d’aria dall’esterno. Fra i dispositivi di protezione, guanti e mascherine sono scontati. In testa i giovani medici indossano un casco munito di una visiera in materiale plastico. Saranno anche silenziosi, ma notarli – per chi si trova nei paraggi o affacciato a una finestra – è davvero impossibile. Sotto più strati di grembiuli la percezione del calore e il sudore diventano presto l’ultimo dei pensieri. A quella sorta di sensazione claustrofobica si abituano presto. Una passata di gel e spray igienizzanti è fondamentale, meglio anche ripetere l’operazione due volte se ritenuto necessario. Di certo lo è muoversi in coppia. La fase di preparazione dura almeno 10 minuti. Sono pronti per entrare in casa con il kit di controllo e gli strumenti forniti dall’Asrem.
I giovani medici dell’Usca vengono accolti in casa dal paziente. Come sta oggi?, chiedono. Qualche domanda per rompere il ghiaccio, trovando il giusto equilibrio fra professionalità e lato umano. Il paziente viene visitato e gli vengono forniti dispositivi di protezione monouso certificati. Il tempo di recepire eventuali problematiche e il loro lavoro è finito, possono uscire e tornare all’auto. Le operazioni di spoglio e sanificazione personale sono le stesse di prima, ma al contrario. Altri dieci minuti. Sarà così ad ogni tappa. Oggi forse riusciranno a fare una decina di visite domiciliari. Ma i positivi al Covid che sono in isolamento nelle loro case vengono telefonati tutti, ogni giorno. I giovani “angeli dell’assistenza” sono pronti per ripartire. Si guardano e sorridono. Nessuno sarà lasciato solo.
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