Domenico, morto in fabbrica a 23 anni. I colleghi: “Era un lavoratore instancabile”. Domani sciopero di 2 ore

Un’altra vita spezzata nel fiore degli anni mentre stava compiendo l’arte più nobile che dovrebbe caratterizzare l’esistenza di uomini e donne: il lavoro. Il Molise piange Domenico D’Amico, 23enne di Bojano, (avrebbe compiuto 24 anni tra un mese un mese a luglio) deceduto ieri sera mentre era di turno come interinale alla Serioplast di Pozzilli, probabilmente rimasto schiacciato da una pressa. La sua salma, trasferita all’obitorio dell’ospedale Veneziale, potrebbe essere sottoposta all’autopsia al fine di ricostruire nel dettaglio questa assurda tragedia. I Carabinieri stanno indagando per capire se si sia trattato di una fatalità o se possano esserci delle responsabilità dietro l’episodio. Le comunità di Bojano e Pozzilli si stringono intorno alla famiglia del ragazzo, che come tanti era tornato a lavorare dopo il lungo periodo di lockdown. Doveva essere il periodo della rinascita, Domenico invece ha trovato la morte. “Era un ragazzo sveglio, competente in varie mansioni e lavoratore instancabile e intelligente“, lo ricordano i colleghi, che in sua memoria hanno deciso di fermarsi, indicendo per domani 15 giugno uno sciopero nelle ultime due ore di ogni turno. In quello fra le 12 e le 14 i lavoratori si riuniranno in assemblea per riflettere sulla tragedia. “Era uno dei tanti lavoratori interinali che si stava facendo strada in un’azienda che gli prometteva un futuro che non c’è più“, afferma Lino Zambianchi della Filctem Cgil. “Tutti i suoi colleghi hanno espresso la stima e l’affetto che si prova verso un ragazzo che poteva essere anagraficamente figlio di tre quarti dei dipendenti della Serioplast e il sindacato si unisce al dolore dei colleghi e a quello infinito della famiglia di Domenico che non avrebbe mai dovuto ricevere questa funesta notizia. I genitori non dovrebbero mai assistere alla morte dei propri figli, è contro natura“. A fargli eco Paolo De Socio, segretario generale Cgil. “Il lavoro, quello cercato, quello perso, quello sancito nell’articolo 1 della nostra magnifica Costituzione. Il lavoro quello che dovrebbe rappresentare compiutamente la dignità sociale di ognuno di noi all’interno della comunità. Oggi, nel bel mezzo di una crisi pandemica e epidemiologica, dovrebbero tornare drammaticamente al centro dell’attenzione di tutti concetti tipo qualità del lavoro e della vita, sicurezza sul lavoro e modelli alternativi di società nei quali l’elemento fondante, in luogo del profitto e dello sfruttamento, dovrebbe essere l’uomo e il suo ruolo nella vita e nella società per garantire a se stesso condizioni dignitose e a chi verrà futuro solidale e sostenibile. Servirà a poco fare ipocriti cordogli. Servirà a poco fare anche processi di piazza o attribuire responsabilità (che pur dovranno essere individuate) e risarcimenti. La vita umana non ha prezzo. Oggi, ancora una volta, abbiamo perso tutti e siamo tutti responsabili se non lavoriamo, da domani, nella direzione di concepire il lavoro come elemento di dignità e di riscatto sociale e non di ricatto di vita. Riscatto, ricatto: una piccola consonante che fa una grande differenza. Per quel poco che può servire un abbraccio fraterno e vicinanza a familiari, amici e colleghi del ragazzo che ha perso la vita a Pozzilli“.

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