Michele Calabrese morì schiacciato da lastre di marmo, la Procura chiede il rinvio a giudizio per 4 persone

Michele Calabrese non ha perso la vita per una fatalità, una “semplice” lastra di marmo scivolata e caduta da un camion. L’operaio bojanese di 43 anni, deceduto il 20 novembre 2019 alla Edilforniture di Bojano, ditta dov’era assunto a tempo indeterminato da una quindicina d’anni, secondo gli inquirenti e lo studio 3A, che assiste i familiari dell’uomo, è rimasto vittima, durante una delicata operazione di scarico, di una sequela di violazioni delle norme di sicurezza e di buon senso, che hanno coinvolto a vario titolo tutti i soggetti che vi hanno partecipato e che ora sono chiamati a risponderne davanti al giudice. A conclusione delle indagini preliminari per l’ennesima morte bianca che piange il Molise, la regione con il triste primato del più elevato indice di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa, quasi quattro volte più della media nazionale, con atto del 23 settembre 2020 il Pubblico Ministero della Procura di Campobasso titolare del relativo procedimento penale, Francesco Santosuosso, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti e quattro gli indagati: il titolare di Edilforniture, 53enne di Bojano, che ha anche diretto e svolto in prima persona l’attività finita sotto inchiesta; un 56enne bojanese, dipendente dell’azienda e collega della vittima, presente sul posto al momento dell’incidente; un 53enne di Apricena (Foggia), conducente dell’autocarro dov’era trasportato il materiale; un altro 53enne di Apricena, legale rappresentante della società di trasporti proprietaria del mezzo. In relazione alla richiesta il Gip del Tribunale di Campobasso Roberta D’Onofrio, con decreto del 28 settembre, ha fissato per il 23 febbraio 2021, alle ore 9.30, l’udienza preliminare nel Palazzo di Giustiza del capoluogo dalla quale i congiunti dell’operaio si aspettano verità e giustizia, che per ottenerle si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini. L’inchiesta, cui hanno dato un prezioso contributo gli ispettori del Dipartimento Unico Regionale della Prevenzione, Unità Operativa Complessa per la Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro, dell’Azienda Sanitaria del Molise, ha consentito di ricostruire cosa sia avvenuto quel maledetto mattino.

Alle 8 nel piazzale esterno di Edilforniture, attiguo al capannone lavorativo, si era disposto un autocarro Scania per lo scarico di blocchi di marmo costituiti da lastre, collocati sulla motrice e sul rimorchio, su entrambi i lati di appositi cavalletti, le “caprette”. Le procedure di scarico del materiale erano dirette dal datore di lavoro di Calabrese, che movimentava anche una gru elettrica con cui prelevava dal camion i blocchi di lastre imbracate con due funi d’acciaio collegate al gancio della gru, per il successivo deposito sull’area del piazzale. Il camionista, sul pianale dell’autocarro, preparava le lastre da prelevare e imbracava il carico inserendovi le funi agganciate alla gru, mentre la vittima e il suo collega, da terra, controllavano l’imbracatura e davano il segnale al loro titolare, e gruista, per effettuare la movimentazione. Ad un certo punto però, durante il sollevamento e indietreggiamento del carico ad opera del legale rappresentante di Edilforniture, il “pastello” sollevato (cioè il pacco di lastre movimentate assieme perché provenienti dal taglio di uno stesso blocco) deve aver avuto un’oscillazione imprevista andando a urtare il blocco di lastre rimaste sul cassone ma che, secondo gli inquirenti, non erano state colpevolmente legate, provocandone il ribaltamento. Sono appunto le lastre prive di legatura ad aver investito e schiacciato il lavoratore che, altra fatale leggerezza, era posizionato in prossimità della sponda sinistra del camion, proprio al di sotto di dove si trovava il pesante materiale caduto. Tra le varie mancanze, quindi, il datore di lavoro non si sarebbe accertato che la vittima si trovasse in posizione di sicurezza rispetto al rischio di caduta delle lastre ancora sul mezzo, e slegate, e avrebbe pertanto consentito al suo dipendente di eseguire l’imbraco in una zona a rischio infortunistico, cioè sotto le lastre prive di legature. Di qui, dunque, la richiesta di processo da parte del Sostituto Procuratore per il reato di omicidio colposo in concorso, con l’aggravante di essere stato commesso in violazione delle norme di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, per il titolare dell’azienda ma anche per le altre tre persone coinvolte in quell’attività, le quali, si legge nell’atto del Pm, “collaborando ad operazioni di scarico di blocchi di lastre di marmo da un rimorchio, per negligenza, imprudenza e imperizia e, comunque, in violazione della normativa antinfortunistica di settore, provocavano la caduta dall’alto dei suddetti materiali e l’infortunio mortale di Michele Calabrese”. Più specificamente, si imputa loro, a vario titolo, di non aver adempiuto a una serie di obblighi a cui erano tenuti, relativi alla “scelta delle attrezzature più idonee per l’esecuzione dei lavori di sollevamento e scarico dei materiali”; alla “predisposizione delle misure più adeguate a minimizzare i rischi per i lavoratori mediante l’installazione di dispositivi di protezione contro le cadute di materiali dall’alto”; alla “adozione delle necessarie cautele consistenti nella delimitazione del posto di carico e di manovra degli argani a terra con apposita barriera per impedire la permanenza ed il transito sotto i carichi onde prevenire ed evitare possibili lesioni alla manodopera”. Un quadro accusatorio solido dal quale i familiari di Michele Calabrese si aspettano risposte sul fronte penale ma – affermano i legali dello Studio 3A – “anche un’assunzione di responsabilità da parte della Edilforniture visto che sin qui l’azienda, per il tramite del proprio legale, ha persino negato ogni coinvolgimento nel tragico incidente rifiutando di fornire a Studio3A finanche le proprie coperture assicurative.”

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