Carresi, alla ricerca delle origini: San Martino in Pensilis guida la tradizione, testimonianze scritte e orali

Dopo lo stop per l’emergenza Covid, tornano le Carresi in Molise. Il 30 aprile sarà la volta di San Martino in Pensilis, seguito il 3 maggio e il 6 giugno rispettivamente da Ururi e Portocannone. Per l’occasione il direttore dell’Archivio storico diocesano di Termoli-Larino, Giuseppe Mammarella, in una nota di approfondimento ha raccontato l’origine di questa sentita manifestazione.
Le corse dei carri trainati da buoi si svolgono annualmente, come è noto, nel periodo compreso tra il 22 aprile ed il lunedì successivo alla solennità della Pentecoste, in quattro centri dell’antica diocesi di Larino: Chieuti, San Martino in Pensilis, Ururi e Portocannone.
Le prime testimonianze scritte relative alla corsa di San Martino in Pensilis (ed anche di Larino come farò cenno in seguito) sono legate al periodo dell’episcopato larinese di mons. Tria ‘senjor’ (1726-1741). Ne parla il Magistrato di San Martino Niccolò de Mattheis nella sua “Relatio Historica Solemnis Translationis Corporis Sancti Leonis Confessoris”, redatta nel 1728 per il Duca Domenico Cattaneo. I dati (compresi quelli riguardanti una tavola raffigurante l’effige di San Leo con, ai due lati, otto interessanti illustrazioni legate al Santo) contenuti in questa relazione, furono ripresi integralmente da Giovanni Battista Pollidoro, nella sua opera “Vita et antiqua monimenta…” data alle stampe a Roma nel 1741, e dal Vescovo-Storico mons. Giovanni Andrea Tria nelle sue note “Memorie…” edite a Roma nel 1744. Sempre a proposito della “corsa de’ Buoi con carri” di San Martino in Pensilis, mons. Tria ne fa ampio cenno nella sua fondamentale pubblicazione in cui, però, non vi è traccia di quelle praticate a Chieuti, Ururi e Portocannone. Probabilmente, la corsa dei carri di San Martino in Pensilis ebbe origine nel XII secolo in seguito al rinvenimento delle spoglie mortali del Patrono San Leo.
L’adattamento dello stesso cerimoniale a Ururi e Portocannone, con ogni probabilità, avvenne non prima dell’anno 1879. Si rileva da una traccia che aiuta non poco tutti coloro che si sono cimentati finora nel ricercare le origini delle cosiddette “carresi” delle due comunità “albanesi”. L’elemento è contenuto nella “Memoria sull’Organismo Agrario del Circondario di Larino” redatta, nel dicembre del 1879, dall’aretino Vittorio Romanelli, giunto in Molise per svolgere l’incarico, ricevuto dall’Amministrazione finanziaria dello Stato, per la commutazione dei terraggi in natura in canoni in denaro. Romanelli, che fissa la sua stabile dimora in Larino, si occupa dettagliatamente della situazione socio-economica del Basso Molise “diviso in 34 Comuni […] oltre a due […] piccoli villaggi, Petacciato l’uno (allora frazione di) Guglionesi, l’altro Montemitro addetto al Comune di S. Felice Slavo”, includendovi anche un’attenta descrizione della corsa di San Martino in Pensilis e della sfilata dei carri di Larino. L’assenza, dall’elenco, delle “carresi” di Ururi e Portocannone, lascia intendere che queste ultime furono introdotte in tempi successivi al 1879.
Gli abitanti di Portocannone fanno risalire la loro corsa alla metà del XV secolo, epoca in cui i profughi Albanesi, giunti sul tratto della costa adriatica appartenente alla diocesi di Larino, fu dato loro asilo dal Vescovo della città frentana. Gli stessi ritengono che un gruppo di Albanesi, dopo lo sbarco, deposto su un carro tirato da buoi un quadro della “Madonna di Costantinopoli” portato dalla loro terra d’origine, raggiunsero processionalmente la località dove fissarono la nuova dimora. Si tratta, però, solo di una tradizione orale nata, forse, nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, considerato che, come per Ururi (qui la gara fu associata al 3 maggio, festività del Legno della Croce, la più importante del luogo) non esiste alcuna documentazione scritta.
Anche a Larino, oltre alla sfilata dei carri del 26 maggio che risale a tempi immemorabili, il giorno precedente si effettuava “la corsa di buoi con carri”. Non è del tutto chiaro il periodo preciso in cui essa cessò di esistere, anche se alcuni dati lasciano intendere che ciò avvenne verso la metà degli anni Quaranta dell’Ottocento. La gara del 1842 fu segnata da un incidente (non l’unico) in cui il 30 maggio di quell’anno, perse la vita, per le gravi ferite riportate, un giovane di venti anni travolto, alcuni giorni prima, “da un cavallo nella Corsa fatta nella festività di San Pardo”.
Solo recentemente ho “scoperto” che per Chieuti, l’annuale festa patronale di San Giorgio, nei primi anni Trenta dell’Ottocento si svolgeva “il 23 Aprile colla corsa” consistente, con molta probabilità, proprio in quella dei carri con buoi. Taluni attribuiscono le sue origini al XVI secolo. Si narra che alcuni contadini con i loro buoi, videro da lontano i Turchi che, dopo lo sbarco, si dirigevano verso l’interno. La leggenda vuole che gli animali guidati dagli agricoltori, fecero una repentina inversione di marcia e che, nella corsa verso l’abitato per avvertire gli abitanti, fossero più veloci dei cavalli nemici. Giunti a Chieuti, sempre secondo tale credenza popolare, si fermarono spontaneamente davanti alla chiesa di San Giorgio.

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