Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Queste le riflessioni del presidente AIAF Molise (Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori), l’avv. Romeo Trotta: “Le parole scelte dalle Nazioni Unite per intitolare questa ricorrenza hanno già di per sé un valore programmatico, perché richiamano la dimensione del fenomeno e l’impegno al quale è chiamata la comunità internazionale, cioè l’eliminazione – non il solo contrasto – della violenza contro le donne. Nella nostra epoca assistiamo alla ripresa di una eterogenea campagna mondiale contro la donna, tanto in realtà dittatoriali o governate dal fondamentalismo religioso, quanto in Paesi basati sullo Stato di diritto. A livello internazionale è in corso una tendenza alla regressione culturale, con il ritorno di un’oggettivazione di massa della donna, la sua costante vittimizzazione e il contrasto alle conquiste raggiunte nei decenni, che invece consideravamo assodate. Nonostante i movimenti di denuncia e per la difesa dei diritti, la donna continua a essere spesso un bersaglio d’odio, un oggetto da sfruttare, un campo di battaglia. Le esperienze e le evidenze scientifiche mostrano come esistano numerose forme di violenza, eppure non sempre siamo abituati a percepirle, se non quando diventano evidenti, ossia quando ci troviamo di fronte ai segni sui corpi o ai casi di cronaca, come i 3.230 femminicidi in Italia dal 2000 a oggi. A monte della violenza fisica, come prodromo o come accompagnamento, ci sono le manifestazioni, erroneamente considerate minori, della violenza psicologica, della violenza economica o dello stalking: esperienze che nel nostro Paese hanno riguardato il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Il tutto senza dimenticare i condizionamenti anche indiretti e le costrizioni spesso silenziose o ritenute addirittura socialmente accettabili, meccanismi che vincolano le donne nella loro vita quotidiana, dalla scelta dell’abbigliamento all’umorismo sessista, dalle penalizzazioni sul posto di lavoro alla supremazia dei modelli educativi e comportamentali maschili. La violenza contro le donne non potrà essere eliminata per decreto. Per quanto l’argomento sia quotidianamente strumentalizzato e piegato in malafede alla diatriba di parte, ci sono dati incontrovertibili che non possiamo ignorare e dai quali dobbiamo partire per affrontare il problema. Nella maggior parte dei casi, per esempio, a colpire una donna è la mano di un conoscente, in un complesso intreccio di violenza, dipendenza affettiva, incapacità emotiva ed effetti di una società poco incline ad abbandonare gli stereotipi di genere. Sono le Istituzioni in primo luogo a doversi assumere le proprie responsabilità, attraverso gli strumenti normativi e il mirabile lavoro delle Forze dell’Ordine, ma anche tramite il coraggio di promuovere nuovi modelli di cittadinanza, unendo la prevenzione alla rapidità d’intervento e all’assistenza delle vittime. È fondamentale sostenere le donne che decidono di chiedere aiuto, accompagnandole con sicurezza in una scelta difficile. È basilare però lavorare costantemente anche sulla formazione, l’educazione e la prevenzione, perché purtroppo molti strumenti di legge entrano in azione quando il peggio si è già verificato. Per questo occorre un incessante lavoro di rete tra tutte le Istituzioni e i cittadini, laddove il volontariato può essere uno dei protagonisti, ma non il soggetto al quale è addossato completamente il peso dell’impegno. Bisogna recuperare il senso della comunità e formare i cittadini, sin dalla tenera età, a una nuova consapevolezza nei rapporti di genere e alla conoscenza dei segnali della violenza. In questo senso un epocale cambiamento è richiesto proprio agli uomini, che devono superare la trappola falsamente comoda degli stereotipi, riconoscendo la necessità del dialogo con gli altri uomini e restando vigili rispetto alle manifestazioni, anche precoci, della violenza..”
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