Un recente studio pubblicato sulla rivista Molecular Neurodegeneration individua nel mesencefalo, regione profonda del cervello che regola la motivazione, le emozioni e la memoria, un punto d’origine dei processi infiammatori che accelerano la malattia di Alzheimer.
La ricerca, condotta dal gruppo del professor Marcello D’Amelio (Università Campus Bio-Medico di Roma e Fondazione Santa Lucia I.R.C.C.S.) in collaborazione con diverse istituzioni italiane, tra cui l’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, mostra che la degenerazione dei nuclei mesencefalici deputati alla produzione di monoamine come la dopamina (Area Tegmentale Ventrale e Sostanza Nera) e la serotonina innesca una potente risposta infiammatoria nell’ippocampo. Questo meccanismo favorisce la trasformazione anomala della proteina tau e la formazione delle placche amiloidi, elementi chiave del danno cerebrale nell’Alzheimer.
Negli esperimenti su modelli animali i ricercatori hanno osservato che ripristinare i livelli di dopamina o di serotonina può ridurre l’infiammazione e la degenerazione neuronale. Un risultato che apre la strada a strategie di medicina di precisione mirate a rallentare l’evoluzione dell’Alzheimer nelle persone con maggiore vulnerabilità mesencefalica.
“La nostra ricerca – dice Stefano Puglisi-Allegra, [Professore emerito di Sapienza Università di Roma, e ricercatore dell’ I.R.C.C.S. Neuromed] – mostra che la degenerazione di specifiche aree del mesencefalo, coinvolte nella regolazione delle emozioni, della motivazione, e della memoria può innescare un processo infiammatorio capace di accelerare la progressione della malattia di Alzheimer. È un risultato che rafforza l’idea di un legame profondo tra i sistemi neurochimici che modulano il comportamento e quelli che proteggono il cervello dalla degenerazione. Nel solco degli studi che stiamo conducendo anche al Neuromed, emerge sempre più chiaramente come il funzionamento dei sistemi monoaminergici cerebrali sia cruciale non solo per l’equilibrio cognitivo, ma anche per la salute del cervello che invecchia”.
Lo studio contribuisce a comprendere perché, nei pazienti che presentano una riduzione del volume mesencefalico e dei relativi circuiti cerebrali, si osservi una progressione più rapida del decadimento cognitivo. E suggerisce che interventi farmacologici capaci di sostenere i sistemi monoaminergici potrebbero rappresentare un nuovo approccio per contrastare la malattia nelle sue fasi iniziali.
domenica 14 Dicembre 2025 - 05:34:07 AM
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