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Home»1. Categorie news»Attualità»La deportazione, la memoria dei lager e le drammatiche testimonianze: in Prefettura conferita Medaglia d’Onore

La deportazione, la memoria dei lager e le drammatiche testimonianze: in Prefettura conferita Medaglia d’Onore

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Di MoliseTabloid il 28 Gennaio 2019 Attualità, Campobasso
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Momento di confronto nel giono successivo alla data simbolo in memoria della Shoah all’interno della Prefettura di Campobasso, dove è avvenuto il conferimento della Medaglia d’Onore al molisano Giovanni Carroccio, classe 1920 originario di Baranello, militare del Regio Esercito Italiano deportato in un campo di concentramento nazista durante gli anni della seconda guerra mondiale. A ritirare il riconoscimento il nipote Diego, che ha anche raccontato come suo nonno, ormai scomparso da quasi venti anni, ogni volta che l’argomento veniva toccato preferiva non entrare nel dettaglio di quei terribili momenti all’interno dei campi di concentramento, troppo forti l’emozione e il dolore generati dai ricordi. Giovanni Carroccio era già stato insignito della Croce al Merito di Guerra che la Repubblica Italiana riconosce dal 2006 ai suoi cittadini deportati nei lager nazisti. All’incontro hanno preso parte diversi rappresentanti istituzionali, delle forze dell’ordine e delle scolaresche. Al.Am.

L’intervento del sindaco Battista.
“Non basta un minuto di silenzio, non bastano le lacrime. Non basta la vergogna e nemmeno la compassione. Occorre l’indignazione. Occorre riflettere, rileggere quei tragici eventi, ripercorrere ogni passaggio di quel periodo storico per evitare che un simile orrore possa ripetersi. Un crimine contro l’umanità che potrebbe assumere altri contorni, ma che sarebbe lo specchio dei nostri tempi, di una società che costruisce cortine di filo spinato, che alza barriere, che rifiuta l’altro, lo straniero, il prossimo. Un violento accanimento anche contro i bambini allontanati dalle aule in cui avevano iniziato a studiare. All’indice perfino le Ong o quanti cercano di dare una mano per alleviare le sofferenze dei migranti. Sembrano le scene di un film già visto, sembra di rileggere le pagine di storia che raccontano quegli anni bui. Bisogna dunque lavorare per scongiurare che i focolai di odio, di vendetta e di razzismo che serpeggiano in Italia, come nel resto d’Europa, possano divampare e creare un nuovo inferno come quello che hanno vissuto milioni di persone deportate, massacrate e poi uccise, dentro e fuori dai campi di concentramento. Non serve guardare tanto lontano per percepire che le premesse di un pericoloso ritorno al passato ci sono tutte e che la parte più scura della società naviga in un mare di ideologie e di pregiudizi che non fanno bene alla società, ma che anzi ne scoprono i punti più fragili, le debolezze, le bassezze umane. Bassezze umane che meno di un secolo fa si sono trasformate in nefandezze, degenerate in una ‘soluzione finale’ per salvare la razza pura. Barbarie avvolta nel silenzio e nell’omertà, quello stesso silenzio e quella stessa omertà che hanno avallato e permesso un genocidio di simili proporzioni che non potrà mai essere cancellato. Serve dunque tirare il freno per evitare che pensieri malati, ma pericolosamente contagiosi, possano tornare ad infettare la nostra Europa che è già stata teatro di un terribile olocausto raccontato dalla viva e pietrificata voce dei sopravvissuti. Così come abbiamo ascoltato ieri in Comune, da quanti sono usciti vivi dai cancelli dei campi di sterminio proprio il 27 gennaio del 1945 grazie ai militari dell’Armata Rossa che fecero irruzione nei lager. È dalla loro voce che è partito il nostro impegno, dalla loro voce dovremmo imparare a comportarci da uomini nei confronti di altri uomini. Dai loro racconti dovremmo intuire subito a che cosa può portare la difesa della razza, a che cosa conduce un cieco e bieco egoismo, o la paura del diverso, dello straniero. “Non esistono razze, ma esistono i razzisti ” diceva il premio Nobel Rita Levi Montalcini. Oggi che in questa civile Europa sono state cancellate le leggi razziali ce ne sono altre scritte e votate da uomini contro altri uomini che arrivano da lontano. In Italia si chiama Decreto sicurezza. Provvedimento dello Stato che come tale va rispettato, ma in cui pochi sindaci credono perché peserà sui bilanci e perché nella parte che riguarda i Comuni avrà ripercussioni sull’ordine pubblico e sulla sicurezza, provvedimento che ha completamente tralasciato il lato umano della questione che rischia di restare schiacciato dall’indifferenza. Noi sindaci stiamo cercando di far emergere tante criticità nonostante le minacce, poco velate, del vicepremier Salvini contro i dissidenti. Contro chi insomma si opporrà all’applicazione della legge. Ma se i migranti rappresentano una questione da affrontare credo che ci siano modi più efficaci e meno crudi per raggiungere gli obiettivi sperati. E se ieri l’errore è stato quello di chiudere le menti, oggi si dovrebbe andare in tutt’altra direzione, ragionare e confrontarsi soprattutto con i sindaci che vivono e conoscono le realtà che amministrano prima di approvare una legge che non è cucita sulle esigenze delle nostre comunità. Leggi, sottolineo, che poco hanno a che fare con lo spirito di solidarietà che dovrebbe muovere ogni uomo e segnare il percorso di ogni amministratore. Ecco dunque che il messaggio del Giorno della Memoria diventa un monito a fare meglio di quanto fatto in passato, un invito a mettere da parte azzardate teorie che hanno già provocato troppi danni per poter essere rispolverate e attualizzate. Il mio auspicio è che il Giorno della Memoria sia un omaggio a chi non c’è più a chi ha sofferto, a chi è miracolosamente sopravvissuto. Una data che ci aiuti a segnare un sentiero, che ci faccia crescere e diventare persone migliori, una giornata per iniziare a costruire un mondo in cui imparare ad aprire le braccia a chi bussa alla nostra porta, senza paura”.

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