Referendum, nasce il Comitato molisano per il “No”: “La regione perderà rappresentanza e si favorirà il presidenzialismo”

Il 20 e 21 settembre, come noto, il popolo italiano sarà chiamato ad esprimersi sulla riduzione del numero dei parlamentari. “Si tratta di una battaglia politica di importanza cruciale”, affermano i rappresentanti di Partito Comunista Italiano, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito Marxista-Leninista Italiano, La Città Futura, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Sindacato degli Operai Autorganizzati e COBAS, che hanno costituito il Comitato molisano per il No. “I partiti borghesi schierati per il SI battono sul tasto del taglio dei costi della politica attraverso una riduzione delle poltrone, all’insegna del “popolo contro i politici” e contro “la casta”. È lo stesso canovaccio truffaldino che ha accompagnato l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, la campagna maggioritaria per cancellare i partiti minori (“ci sono troppi partiti”) o il favorire i poteri esecutivi a scapito della democrazia e della rappresentanza (più poteri a sindaci e governatori regionali a danno delle rispettive assemblee elettive). È una campagna mirata alla conquista del consenso fuori e contro ogni criterio democratico. Il suo effetto pratico è quello di dirottare la rabbia sociale di milioni di salariati contro il bersaglio indistinto dei politici, al solo scopo di impedire che essa si rivolga contro capitalisti, banchieri e sfruttatori, gli stessi che i partiti politici populisti servono nella loro funzione di governo. Insomma, dietro la soppressione di oltre un terzo dei parlamentari, presentato demagogicamente come “taglio alle poltrone” e risparmi per i contribuenti, si nasconde il vecchio disegno piduista di tagliare la democrazia per spianare la strada a governi forti e al presidenzialismo. Cerchiamo di capire bene: la legge che porta da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 i senatori, è stata fortemente voluta dal M5s, con il plauso di FI, Lega, FdI. Successivamente, anche PD, LeU e IV (seppur con qualche defezione) hanno sposato tale “golpe bianco istituzionale”. La coesione su questa “causa” viene però da lontano. La prima sforbiciata al numero degli “onorevoli” venne data da Mussolini che ridusse deputati e senatori alle stesse cifre proposte oggi, 400 e 200. Il taglio dei parlamentari ricompare poi nel “Piano di rinascita democratica” di Gelli e in tutti i tentativi di controriformare da destra la Costituzione: dalla commissione Bozzi a quella De Mita-Iotti, dalla Bicamerale golpista di D’Alema alla controriforma del 2005 del governo Berlusconi-Fini-Bossi, fino alla controriforma del Senato Renzi-Boschi del 2016. Ad ogni modo, il taglio dei “costi della politica” è solo un pretesto demagogico per turlupinare gli italiani. Il risparmio per i conti pubblici è stato calcolato in circa 50 milioni, pari allo 0,007% del bilancio statale! E comunque, se davvero si voleva incidere sui costi degli “onorevoli”, perché non si è agito direttamente sui loro stipendi? Limitandone il numero, si è scelto invece di ridurre la rappresentanza popolare, dal momento che si passerà da 1 deputato ogni 96.000 abitanti ad 1 ogni 151.000, collocando l’Italia all’ultimo posto in Europa in tale rapporto. Peggio, se tale controriforma dovesse passare, assisteremmo ad altri danni: si alzeranno a dismisura le soglie di sbarramento per i piccoli partiti, verranno penalizzate le regioni meno popolose e aumenteranno i nominati. Falso anche che il taglio degli “onorevoli” aumenterà l’efficienza delle Camere; è vero il contrario: le Commissioni di palazzo Montecitorio si troverebbero con soli 12-13 componenti mentre a palazzo Madama saranno di sole 4-5 unità, col risultato di rischiare la paralisi per l’aumento dei carichi di lavoro. Ciò significa ulteriore perdita di potere del parlamento a tutto vantaggio del governo che già ora, fra candidature bloccate, abuso della decretazione d’urgenza e voti di fiducia, ha ridotto l’organo costituzionale titolare del potere legislativo alla stregua di un passacarte del potere esecutivo. Infine, questo “nuovo” parlamento che si avrebbe in caso di successo del SI’, potrebbe facilmente aprire la strada a facili manomissioni costituzionali e al presidenzialismo. Proprio come volevano Gelli, Borghese e Lorenzo e come auspica oggi anche il grande capitale finanziario internazionale che da tempo ha nel mirino le Costituzioni dei paesi del sud Europa. Alla luce di tutto ciò, ben si comprende l’estrema importanza di questa battaglia. La nostra posizione, sia comunque ben chiaro, non vuol certo ridursi a difendere lo stato attuale delle cose: siamo ben consapevoli che il parlamento sia un’istituzione sempre più estranea alle masse e piena di carrieristi e voltagabbana. Siamo per il NO solo per difendere le libertà democratico-borghesi ancora formalmente garantite dalla Costituzione e per contrastare le forze neofasciste e presidenzialiste che vorrebbero cancellarle definitivamente. Sperando di poter trovare un’intesa con i vari comitati locali per il NO già sorti sul territorio, rivolgiamo un caloroso appello a tutti gli antifascisti, i democratici e i progressisti a votare NO. Poiché in questo referendum non è previsto quorum, un solo voto in più è sufficiente per la vittoria! Mobilitiamoci tutti per respingere questo ulteriore sfregio alla nostra democrazia costituzionale”.

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