L’acquedotto molisano compie 60 anni, gioiello di ingegneria invidiato in Italia e ‘fonte’ per tre regioni

Il 5 dicembre 1960 iniziarono i lavori dell’acquedotto molisano che avrebbe da lì a pochi anni dissetato parte della Campania. Un gioiello di ingegneria costruito con pale e piccone, rotaie per il trasporto dei materiali derivanti dallo scavo della galleria, prese, chiuse a mano e tanto sudore della fronte di chi muore per una terra che non sempre restituisce ai suoi figli la giusta dichiarazione d’amore. La Di Penta, impresa aggiudicatrice dei lavori, arrivò in Molise e si servì per i lavori di realizzazione dell’acquedotto di imprese locali quali Mario Varriano, precursore dei tempi sia in ordine di qualità che in ordine di regime di sicurezza sul lavoro. I lavori iniziarono con picchettazioni, posa in opera di cantieri e reclutamento delle maestranze. Terminarono nel giugno del 1973 dopo aver compiuto miracoli nell’ultimare l’80% delle opere entro soli 5 anni e precisamente nel maggio 1965. Difficoltà interruppero la strada maestra e rallentarono i lavori. Nel 1976 venne inaugurata la centrale a dissipazione di Gioia Sannitica che successivamente divenne a salto con l’azione di turbine. Unica centrale in Italia alimentata con acqua potabile è di proprietà molisana e risulta ancora essere un vero gioiello di ingegneria. Il Molise è ricchissimo di sorgenti e disseta gran parte della Campania e della Puglia non ricevendo il giusto ristoro, sia in termini economici che in termini di solidarietà amministrativa. Esso potrebbe soddisfare le esigenze economiche con la ricchezza d’acqua di cui è regina in Italia ma continui stravolgimenti amministrativi dovuti ad una politica non sempre attenta hanno determinato contenziosi giganteschi e spesso anche all’interno della stessa regione. Resta inconfutabile, però, che l’acquedotto molisano, e di specie quello delle Pietre Cadute tra San Polo Matese e Bojano, è ancora fra le opere di ingegneria più invidiate in Italia.

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