Riaperture, i grandi eventi restano senza protocolli. E le coppie continuano a rinviare i matrimoni

La protesta davanti al Consiglio regionale

Le riaperture graduali delle attività non soddisfano tutti, né dal lato dei commercianti, né da quello dell’utenza. Chi sta pagando il peso dell’incertezza sono gli imprenditori e i professionisti della filiera dei grandi eventi, che da oltre un anno vedono il loro lavoro profondamento limitato e per lunghi periodi fermo. Da oggi le attività di ristorazione possono riaprire al pubblico solo all’aperto (teatri e cinema sia all’aperto che al chiuso), mentre dal 1 giugno sarà consentito anche al chiuso, con ingressi limitati e contingentati, oltre che con tutte le altre regole anti Covid ormai note. Per i grandi eventi, però, la situazione si complica. Come ci fa notare giustamente Marianna Colavecchia (nella foto a destra), titolare dell’atelier Sposabella di Campobasso, una dei professionisti e commercianti che questa mattina hanno manifestato davanti alla sede del Consiglio regionale, “nel primo caso molti non intendono organizzare matrimoni e altri eventi a larga partecipazione all’aperto in questo periodo, visto che località come Campobasso restano relativamente fredde fino a inizio estate. Nel secondo caso, non abbiamo ancora una direttiva, un protocollo preciso da seguire, ragione per cui non ci resta attualmente che attenerci alla normativa vigente“. Morale: tante coppie, futuri sposini, stanno rinviando il matrimonio. Uno scenario uguale all’anno scorso. C’è chi lo fa slittare di un mese o due, altri addirittura all’anno prossimo, e alcuni di questi ultimi lo avevano già fatto nel 2020. “Siamo rimasti appesi ad un filo”, continua Marianna. “Viviamo in questa nuvola di incertezza e i futuri sposi sono i primi a non sapere cosa fare. Non stanno saltando solo i matrimoni di aprile e maggio, ma anche quelli di giugno e luglio“. Oltre ai matrimoni, non vanno dimenticati altri eventi come prime comunioni, cresime, convention aziendali, ecc. Quello che chiedono i commercianti della filiera, dagli atelier ai ristoratori, dai fotografi e videomaker ai fiorai, è certezza. Le lacune viste questa mattina, però, riguardano un settore non ancora unito. Una trentina i manifestanti presenti, ma gli stessi non hanno negato che aspiravano ad essere molti di più. Tuttavia, hanno aggiunto, si tratta di primi passi verso percorsi e iniziative condivise in futuro. Una delegazione è stata accolta dal presidente della Regione, Toma, che ha garantito un sostegno. “A parte che attendiamo ancora quello di febbraio, destinato a coloro che non avevano usufruito del contributo dell’estate scorsa e che hanno subito almeno il 30% di perdite – ha concluso Marianna. – Il problema è che noi non vogliamo sussidi ma vogliamo lavorare. Anche perché un sussidio corrisponde, se vogliamo, a quello che ci entrerebbe con un evento mentre il nostro obiettivo, per vivere, si basa su più eventi nel corso dell’anno. Inoltre il nostro è un settore stagionale, se vengono ‘bruciati’ i mesi in cui possiamo fornire il nostro servizio, o una parte di essi, l’anno sarà per forza di cose fallimentare, con conseguenze irreversibili per molti di noi. E poi non si tratta solo di mancati introiti per il cosiddetto ‘guadagno’ ma anche di spese molto alte che dobbiamo sostenere per garantire il prodotto o il servizio“. Altro aspetto sottolineato: il codice Ateco, che “non può essere lo stesso fra un atelier e un negoziante di abiti da indossare tutti i giorni“.

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