Giornata della Legalità, l’esempio di Falcone e Borsellino per le nuove generazioni. Un minuto di silenzio in tutti i comuni

Il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta, è ormai diventata una data simbolo nella lotta contro tutte le mafie e a difesa della legalità, tant’è che nello stesso giorno si celebra la Giornata nazionale della legalità. Quest’anno la ricorrenza ha un significato molto particolare: la strage di Capaci, infatti, si consumò esattamente 30 anni fa, il 23 maggio del 1992. Una data che rimarrà incisa nella storia del nostro Paese. Per questi motivi e per l’impegno che i Comuni Italiani profondono ogni giorno nella lotta alla legalità, anche sulla scia dell’impegno e dell’esempio di personalità come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, l’Anci ha ritenuto che il trentesimo anniversario della strage di Capaci andasse commemorato con un appuntamento di forte valenza simbolica. Il sindaco di Campobasso, Roberto Gravina, ha così deciso di aderire, a nome dell’intera comunità cittadina, all’invito rivolto dall’ANCI ai sindaci dei Comuni capoluogo di provincia a ritrovarsi virtualmente insieme, alle 17.57 di oggi, lunedì 23 maggio, all’ingresso del Palazzo Comunale, per un minuto di raccoglimento accompagnato dalle note de “Il silenzio”, indossando la fascia tricolore, simbolo dell’unità nazionale e dei valori costituzionali.

Il presidente della Provincia di Campobasso, Roberti: “Ferita sempre aperta. Continuare a sviluppare la coscienza del cittadino”.
23 maggio 1992 – 23 maggio 2022: trent’anni ma una ferita sempre aperta. La strage di Capaci, per la quale morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie collega Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, ha segnato la vita di un’intera Nazione. Possiamo parlare di un prima e dopo l’anno delle stragi di mafia. Falcone, così come Borsellino due mesi dopo, pagarono con la vita il loro scopo che dava significato ai propri giorni, ovvero quello per il quale la legge e il rispetto delle norme dovessero essere l’unico punto di riferimento del nostro vivere quotidiano. Un concetto che, in uno Stato di diritto, dovrebbe essere il valore fondante, ma Falcone e Borsellino vissero anni in cui la mafia aveva intrapreso una guerra contro lo Stato al fine di prenderne il sopravvento nei settori strategici del vivere quotidiano. Falcone e tutto il pool di giudici antimafia furono coraggiosi a sfidare a viso aperto quello che era il cancro della società e, a distanza di 30 anni, il rumore assordante dell’esplosivo non deve sopirsi. Quello scoppio deve farci ricordare come non si debba dare nulla per scontato e come i valori della legalità vadano difesi e tutelati ogni giorno. E ognuno deve fare la sua parte: dalle istituzioni, passando per le scuole, per finire alla coscienza di ogni cittadino. Nessuno deve restare indifferente e impassibile di fronte a tutte quelle azioni che, andando contra legem, minano la stabilità dell’intero Paese. Falcone, Borsellino e tutti i magistrati che ancora oggi sono impegnati nella lotta alle mafie e a ogni forma di illegalità hanno un denominatore comune: la lotta alla criminalità era ed è nell’agenda quotidiana di ognuno. Gran parte degli italiani non può non ricordare quanto difficili e tristi siano stati quei giorni di quel 1992. Ma le giornate di commemorazione sono indispensabili per stimolare anche nei più giovani, che non hanno vissuto quel periodo storico, quei valori che devono guidare la vita di ognuno: il ricordo, unito allo studio della storiografia, ovvero all’interpretazione dei fatti, serve per contribuire a costruire una società migliore giorno dopo giorno.

Falcione: “Mafia colpita ma non sconfitta. Falcone e Borsellino esempio per nuove generazioni”.
Sono trascorsi esattamente trent’anni da quel pomeriggio di primavera inoltrata, quando il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, unico magistrato donna assassinata in Italia e gli agenti della scorta, furono assassinati nei pressi dello svincolo autostradale di Capaci (PA), per mano di Cosa Nostra, ovvero di coloro che avevano pianificato, meticolosamente, quell’attentato dinamitardo. Una profonda e insanabile ferita che il nostro Paese si porta dietro con quell’interrogativo, ancora inquietante, che porta ad una sola domanda: quella strage, poteva essere evitata? Una domanda che oggi, a distanza di un tempo che sembra infinito, assume dei connotati ancora più sconcertanti, se si considera che il lavoro che Giovanni Falcone ha svolto, ha permesso l’arresto di molteplici affiliati a Cosa Nostra, alcuni dei quali, paradossalmente, sono tornati oggi in libertà, con il chiaro pericolo di poter reiterare azioni pericolose, non solo nei confronti di altri magistrati ma dell’intera collettività. Come sarebbe il nostro Paese con Falcone e Borsellino oggi?, si chiede Michele Falcione, presidente dell’associazione Talenti e Artisti Molisani, dedicando un messaggio alla memoria dei due magistrati antimafia. “Una domanda dalle mille risposte, visto che sono ancora molteplici le strade da percorrere per sconfiggere Cosa Nostra e tutte quelle forme di stampo mafioso, che quotidianamente vengono perpetrate a danno di onesti cittadini o di imprenditori che sono costretti a subire minacce personali e ricatti di ogni genere; un Paese che deve fare ancora i conti con la “sete di potere” di coloro che mettono in atto azioni illegali, che mirano a sconvolgere l’operato di chi, invece, agisce nella legalità e nel rispetto delle regole. Oggi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sono certo, sarebbero ancora in quella “trincea” costruita nelle aule di Tribunale e nei Commissariati di Polizia dove fanno bella vista foto ed immagini delle due icone della legalità e che per gli appartenenti alle forze dell’ordine, rappresentano una speranza, una luce sempre accesa, un punto di riferimento a cui ispirarsi nella lotta alla mafia e nel loro costante lavoro, in favore della collettività. I due amici, prima che magistrati, si troverebbero dinanzi, oggi, un Paese che ancora soffre di molteplici problemi, forse ancor più evidenziati dalla “lungaggine” dei processi e delle sentenze che invece dovrebbero rappresentare un chiaro ed inequivocabile segnale di presenza della legalità nell’applicazione delle leggi previste dall’ordinamento; si troverebbero a dover ancora istruire decine e decine di fascicoli per certificare che la presenza di Cosa Nostra o delle altre forme di illegalità, sono ancora in vita, magari in forme non palesemente visibili, ma sicuramente ancora più rumorose, rispetto a quegli anni 90′, in cui, invece, gli “attentati” costituivano un “gran rumore mediatico” frutto di un attacco diretto allo Stato. In un Paese come l’Italia, dove spesso la democrazia viene calpestata da azioni che vanno esattamente contro quei principi, due “Icone della Giustizia” come Falcone e Borsellino sono sempre ricordati come due “Servitori dello Stato” che hanno lottato, fino all’ultimo respiro, pur consapevoli che il loro lavoro ed il loro operato avrebbe messo in serio pericolo anche coloro che gli erano accanto: gli agenti della scorta, commissari di polizia, altri magistrati del cosiddetto pool antimafia composto, in quegli anni, da Leonardo Guarnotta, Giuseppe Di Lello e Antonino Caponnetto e, non da ultimi, i familiari che ancora oggi, a distanza di trent’anni, conservano un dolore, immenso, smisurato, incontenibile che mai si potrà affievolire. Il maxiprocesso di Palermo non fu un palcoscenico mediatico, messo in scena per avere visibilità, tutt’altro, perchè ha rappresentato un periodo della storia del nostro Paese, in cui l’aula di giustizia era il luogo dove i mafiosi venivano giudicati a seguito di “orrori e atti mafiosi” compiuti con il più alto sentimento di disprezzo della vita umana, nei confronti di molteplici rappresentanti dello Stato ed onesti ed indifesi cittadini, che sono stati uccisi senza alcuna pietà. Da qualche anno la città di Campobasso, grazie ad una richiesta dell’associazione Talenti e Artisti Molisani che mi onoro di rappresentare, ha ottenuto che un luogo del centro potesse essere intitolato proprio ai due giudici, a testimonianza che il semplice camminare in una piazza a loro dedicata possa far sentire vicini Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ai cittadini e a tutti quei giovani che rappresentano il futuro e la speranza della nuova lotta alla mafia, esattamente quello che “Giovanni e Paolo” avevano sempre auspicato”.

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