Delitto Micatrotta, De Vivo in aula: “Mi sono difeso, potevo morire io. Il coltello non era mio”

Ha rilasciato dichiarazioni spontanee davanti ai giudici della Corte d’Assise di Campobasso all’udienza di questa mattina nell’ambito del processo per l’omicidio di Cristian Micatrotta. Giovanno De Vivo, imputato per il tragico episodio della notte della vigilia di Natale 2021, in via Vico, si è difeso dalle accuse. “Mi dispiace per quello che è successo. Mi sono difeso. Sono stato aggredito da tre persone. Potevo morire io”. Nel corso delle dichiarazioni il 39enne, operaio ed ex dj, attualmente recluso nel carcere campobassano, ha anche fatto riferimento all’arma del delitto. “Non ho portato io il coltello, non era mio”. Circostanza, quest’ultima, sempre contestata dalle parti civili, rappresentate dagli avvocati Albino, Fiorda e D’Aloiso. Eppure resta quasi un mistero. Come si ricorderà, i Carabinieri non hanno rinvenuto coltelli simili in casa di De Vivo, mentre uno dei due amici di Cristian che erano presenti in via Vico e già ascoltato in aula, ha riferito di non aver visto Cristian e il “cognato” con un coltello, nè immaginato che ne detenessero uno, ma allo stesso tempo di non aver visto De Vivo estrarlo durante la colluttazione. L’altro testimone si è invece avvalso della facoltà di non rispondere. Un dettaglio del genere potrebbe cambiare anche solo in parte l’esito del processo, ferme restando la gravità dell’epilogo dell’episodio e l’eventuale volontà dell’azione. Volontà che mancherebbe per gli avvocati della difesa, Prencipe e Stellato, i quali hanno anche parlato di “contesto concitato”. Questa mattina sono stati ascoltati anche uno dei militari che hanno condotto le indagini e la madre dell’imputato. Prossima udienza il 7 giugno.

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