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Home»1. Categorie news»Senza Categoria»Stress, nemico subdolo del nostro metabolismo: come gestire un “virus” senza vaccino. I consigli della dottoressa Cinzia Baranello

Stress, nemico subdolo del nostro metabolismo: come gestire un “virus” senza vaccino. I consigli della dottoressa Cinzia Baranello

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Di MoliseTabloid il 9 Gennaio 2021 Senza Categoria

Lo stress fa parte dei mali dell’era moderna. Fino a qualche tempo fa (anche se al Sud ancora oggi) se qualcuno si sentiva poco bene, gli veniva posta la domanda “hai mangiato?”. Oggi invece si ha già la risposta: è lo stress. La parola è inglese, vuol dire “tensione”, e deriva a sua volta dal latino “stringere” e dal francese antico “estrece” ma, contrariamente a quanto si possa pensare, lo stress non ha niente a che vedere con lo sforzo fisico, infatti è uno stato emozionale, psicologico. I nostri antenati conoscevano solo quel tipo di stress tipico del sistema “lotta o fuga”, cioè quella reazione neuronale fisiologica che si manifesta in risposta a un evento percepito come pericoloso per la propria incolumità e che attiva il sistema nervoso simpatico. In tal senso lo stress era un meccanismo salvavita. Oggi non è più così: lo stress è un nemico subdolo che a lungo andare determina non pochi problemi. La scarica ormonale innescata dalla paura di un predatore serviva infatti a garantire vigore muscolare e velocità, pertanto aumentava il battito cardiaco e il flusso sanguigno ai muscoli, venivano mobilitate le riserve energetiche, con conseguente aumento della glicemia, mentre venivano inibiti il sistema immunitario e la digestione. Beh, noi funzioniamo ancora così. Solo che il nostro predatore non è una bestia feroce bensì il TEMPO. Siamo oppressi (stressati appunto) dalle scadenze, dai ritmi frenetici e stimoliamo continuamente il nostro sistema di lotta o fuga senza attivare però i nostri muscoli scheletrici, perché la “lotta contro il tempo” non è affatto una questione di vita o di morte. Non ultimo, il metabolismo si riduce e accumuliamo peso. Anzi, con lo smart working (che, torno a ripetere, tutto è tranne che “smart”) e la chiusura delle palestre siamo più stressati, meno tonici, più grassi e abbiamo una bella ciambella attorno al torace, proprio al di sopra delle creste iliache.
La fase acuta dello stress, ossia la risposta a breve termine a un evento (ambientale, organico, psichico o socio-relazionale) che altera l’equilibrio dell’organismo, implica il coinvolgimento del sistema endocrino oltre che del sistema nervoso: le ghiandole surrenali rilasciano gli ormoni adrenalina, noradrenalina e cortisolo, che determinano l’aumento della frequenza cardiaca, la vasodilatazione a livello dei muscoli scheletrici, la dilatazione dei bronchi, l’aumento della glicemia e la resistenza all’insulina. Una volta eliminato l’evento stressante, segue una fase di rilassamento che ripristina l’equilibrio dell’organismo. La giusta alternanza tra stress fisiologico e rilassamento ha un effetto positivo sull’organismo. Purtroppo, però, al giorno d’oggi lo stress ha raggiunto livelli allarmanti diventando CRONICO, grazie soprattutto alle nuove tecnologie. Lo sbilanciamento che si crea nel tempo a livello metabolico e ormonale favorisce l’invecchiamento e la modificazione della composizione corporea (più grasso e meno muscoli). Inoltre, sembra che lo stress cronico sia una concausa di una elevata percentuale di malattie perché debilita il sistema immunitario: è molto probabile che anche l’epidemia da COVID-19 si sia rivelata così dilagante nel mondo occidentale (lo stesso mondo occidentale che ha sconfitto il vaiolo), perché lo stress ci ha reso più suscettibili.

Il cortisolo (detto anche ormone dello stress) ha azione iperglicemizzante. A livello cronico provoca ipotrofia muscolare (cioè il consumo dei muscoli) perché fa sì che le proteine muscolari vengano convertite in glucosio (gluconeogenesi). Inoltre, mentre in fase acuta questo ormone mobilizza i grassi (azione lipolitica), una ipercortisolemia cronica desensibilizza i recettori lipolitici e favorisce la formazione di tessuto adiposo, che non risponde più agli stimoli, soprattutto nella zona addominale. Lo stesso accade in caso di consumo eccessivo di “junk food” (cibo spazzatura) perché gli additivi, i pesticidi, i coloranti e altre tossine ambientali vengono depositati nel tessuto adiposo al fine di “congelarle” per non arrecare danni all’organismo, ma questo porta inevitabilmente a sintetizzare ulteriore grasso con conseguente aumento di peso.
Il tessuto adiposo non ha solo funzione di riserva energetica ma anche funzione ormonale e termogenica. Quest’ultima, in particolare, è svolta dal tessuto adiposo bruno, poco presente nell’uomo, che si distingue da quello bianco, maggiormente rappresentato e con funzione di deposito. Sotto particolari stimoli esterni, il tessuto adiposo bruno può aumentare di volume, migliorando la capacità di produrre calore e quindi di incrementare il metabolismo e il dispendio energetico. Una dieta ricca di grassi e zuccheri fa aumentare il grasso di deposito, che si accumula nelle cellule del tessuto adiposo (gli adipociti). Ciascun adipocita aumenta di volume man mano che ingloba grasso ma non può farlo all’infinito pertanto, arrivato al limite, comincia a produrre molecole infiammatorie, che richiamano le cellule staminali dal midollo osseo e le stimolano a trasformarsi in nuovi adipociti per accumulare altro grasso. Se da un lato l’aumento di volume delle singole cellule adipose è un processo reversibile, dall’altro l’aumento del loro numero non lo è, pertanto, in seguito a una dieta ipocalorica, gli adipociti perderanno grasso ma saranno talmente affamati che saranno pronti ad accumularlo di nuovo, facilitando l’incremento ponderale in poco tempo. Ecco perché è importante tenere sotto controllo non solo il peso ma anche la composizione corporea. L’aumento eccessivo del volume e del numero degli adipociti fa sì che essi stiano sempre più stretti e comprimano anche i tessuti e i vasi sanguigni circostanti, con conseguente carenza di ossigeno e aggravamento dell’infiammazione. L’obesità è una condizione di infiammazione cronica e quindi di stress cronico.

Altre azioni a cascata della produzione cronica di cortisolo sono: insulino-resistenza, con conseguenti sbalzi glicemici e crisi di fame da carboidrati, diminuzione della serotonina (depressione), dell’ormone della crescita (meno muscoli e più grasso) e degli ormoni sessuali (calo della libido e della performance sessuale) e osteoporosi (aumento dell’osteolisi, riduzione della sintesi di collagene, rallentamento della maturazione delle cellule ossee, contrasto al ruolo della vitamina D, riduzione della disponibilità del calcio e accelerazione del riassorbimento osseo).
Cosa fare per evitare tutto questo?
Non basta la restrizione calorica, non è solo una questione di quantità ma anche di qualità. I nutrienti presenti negli alimenti non sono solo calorie ma sono molecole che comunicano con il nostro DNA passando attraverso alcuni personaggi che più volte ho nominato: i microrganismi che abitano nell’intestino, il microbiota. Sono loro che gestiscono l’assimilazione di ciò che ingeriamo ma il loro comportamento è influenzato dalle nostre scelte alimentari, dalle nostre abitudini, dall’ambiente in cui viviamo, dal nostro stile di vita. Inoltre, bisogna tener conto della percezione dello stress, che è soggettiva: ciò che è stressante per qualcuno può non esserlo per qualcun altro. Ce ne accorgiamo in base a quanto stiamo male nel gestire una determinata situazione.
Per prima cosa, occorre evitare diete drastiche che non possono essere mantenute nel tempo e non fanno altro che stressare ancora di più l’organismo, aumentando il senso di fame, riducendo la percentuale di massa magra (muscoli) invece che di grasso e rallentando di conseguenza il metabolismo. Piuttosto che pensare al dimagrimento immediato occorre focalizzarsi su abitudini e scelte alimentari migliori che possano essere fatte proprie e mantenute nel tempo in modo da conservare un peso adeguato nel lungo termine. La dieta deve essere personalizzata, in base ai propri gusti e alle proprie esigenze, proprio per far sì che diventi presto un’abitudine facile da acquisire.
Inutile allenarsi in maniera eccessiva e ossessiva: le difese immunitarie si abbassano, l’umore peggiora e il grasso piuttosto che diminuire aumenta. Anche l’allenamento deve essere personalizzato in base alle proprie capacità e attitudini.
Mantenere un apporto di acqua adeguato: l’acqua aiuta l’organismo a smaltire le tossine metaboliche e ambientali, a drenare i liquidi in eccesso e favorisce il metabolismo e gli scambi cellulari.

Non ridurre le ore di sonno: durante il sonno l’organismo ritrova il suo equilibrio e riduce il proprio fabbisogno energetico, quindi mangiare (soprattutto dolci) prima di andare a dormire facilita l’immagazzinamento di energia (in grasso) e attiva gli ormoni che hanno azioni opposte al dimagrimento e al rilassamento.
Evitare di intraprendere scorciatoie farmacologiche: non fanno altro che raccogliere successi apparenti (oltre che pericolosi) ed effimeri, con facile e rapido recupero di peso. Bisogna invece agire sui propri punti deboli e sulle proprie motivazioni, diventando dipendenti da esse piuttosto che da una pillola, e trovare la giusta chiave per ovviare alla necessità di una ricompensa o per lo meno non cercarla nel cibo. Esistono, tuttavia, alimenti che agiscono come nutraceutici (principi attivi ad azione farmacologica) che, se presenti nella propria dieta in maniera regolare, aiutano a migliorare il metabolismo; alcuni di essi sono lo zenzero, il cacao amaro (>75%), gli agrumi, il tè, il peperoncino.
Infine è utile individuare i pensieri negativi: sfogare le proprie emozioni negative sul cibo non è altro che un modo per punirsi, farsi del male, continuando, tra l’altro, a ingrassare e aumentando la tensione emotiva, che diventa un circolo vizioso. Sfruttare piuttosto gli ormoni del piacere, le endorfine, concentrandosi su pensieri positivi, ridendo spesso, mangiando sano, tenendosi attivi, amando la vita, se stessi e gli altri.
Ognuno è fatto in maniera diversa, pertanto percepisce lo stress in modo soggettivo, ma può fare molto per migliorare il proprio tenore di vita. La risposta sta nel DNA: lo ereditiamo dai genitori ma siamo noi a decidere quali geni accendere o spegnere per stare bene. Homo faber fortunae suae.

Dott.ssa Cinzia Baranello
Biologa Nutrizionista

 

*Chi è interessato a segnalare casi o formulare richieste particolari, può scrivere all’indirizzo mail molisetabloid@gmail.com. E’ possibile inoltre contattare direttamente la dottoressa Baranello al numero 328.0329148.

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